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Donne e successo: come realizzare i propri obiettivi ed essere felici

Donne e successo, un binomio complicato. Perché spesso le donne non riescono a realizzarsi e hanno difficoltà a realizzare i propri obiettivi?
È tutto un lavoro su se stesse: avere fiducia o stimarsi ha a che fare con l’idea che hai di te, non è qualcosa che viene dall’esterno”. Esordisce così Diana Malerba quando le chiedo che cosa fa esattamente e perché ha iniziato. Il suo progetto si chiama The Brave Hearted: è un programma di coaching fatto di sessioni on line e strumenti pratici che aiutano le donne a ritrovare la fiducia in se stesse e a raggiungere i propri obiettivi, al di là degli stereotipi che la società (e noi stesse) ci imponiamo.
L’abbiamo intervistata cercando di trarre degli insegnamenti utili da trasmettere a tutte le donne e, ci auguriamo, anche a qualche uomo disposto a mettersi in discussione e cambiare il proprio punto di vista.

Diana: raccontaci che cos’è The Brave Hearted e perché è nato

The Brave Hearted è il mio studio di coaching. È il frutto di una serie di esperienze che mi hanno portato a capire che le donne hanno bisogno di una carica “supplementare” di autostima e fiducia in se stesse perché la società, l’educazione e modelli culturali del passato non le hanno supportate in questo senso. The Brave Hearted è un progetto in cui credo, che mi rappresenta, e spero possa rappresentare le donne che lottano per arrivare a considerarsi, finalmente, abbastanza. Ci sono arrivata dopo un lungo percorso di lavoro su me stessa.
Donne e successo_Diana Malerba


Ho 36 anni e sono di Milano, ma da 9 anni vivo in Svizzera. Prima di diventare coach professionale lavoravo nella comunicazione aziendale con un background di sociologia, psicologia e comunicazione; capire gli altri e aiutarli a essere più felici mi ha sempre interessato.
A un certo punto della mia carriera però sono entrata in crisi: mi sono resa conto che mi mancava qualcosa, e vedevo altre donne attorno a me porsi molte domande sul proprio valore. La crisi ha generato una riflessione più profonda sul ruolo che desideravo avere nella società, così ho iniziato a studiare coaching e PNL, e ho progettato la mia riconversione professionale. Poi è nato The Brave Hearted, un percorso di coaching dedicato alle donne (ma non solo) che hanno un obiettivo professionale e che cercano appagamento ma che non riescono a raggiungere i propri obiettivi a causa di una scarsa autostima e fiducia in se stesse, non credendo di essere abbastanza.

Perché secondo te le donne hanno bisogno di un percorso del genere?

Ci sono due temi: osare per essere se stesse e osare per realizzarsi pienamente. In entrambi i casi è necessario prendere coscienza di sé, dei propri pensieri e credenze limitanti e modificare schemi di comportamento molto radicati, facendo emergere i blocchi che frenano l’azione e rimuoverli. Non è un lavoro sul passato, ma sul presente e sul futuro. L’obiettivo è soddisfare bisogni di autostima e autorealizzazione, raggiungere una certa soddisfazione personale e professionale facendo qualcosa di allineato con chi siamo, e che ci rappresenti pienamente.

Cosa intendi per blocchi?

Vorrei distinguere tra credenze limitanti e limiti reali. I secondi sono limiti oggettivi (limiti di età, geografici, economici, fisici, etc.) che si frappongono tra noi e i nostri desideri, mentre le prime sono cose che crediamo essere vere su noi stesse ma non lo sono; sono la storia che ci raccontiamo di noi stesse. Ed è proprio questa l’area su cui intervenire con il coaching, perché la storia può essere cambiata semplicemente costruendone una diversa. Come un preparatore atletico, io alleno le donne a costruirsi delle nuove credenze che le supportino, non limitanti ma stimolanti, possibiliste. Quindi innanzitutto le aiuto a eliminare le credenze negative, e poi a rinforzare nuovi schemi di comportamento positivi. In questo modo avviene una trasformazione radicale nel modo di vedere se stesse, e nel momento in cui la visione di sé cambia, cambia anche il modo in cui gli altri ci percepiscono. Questo cambiamento può destabilizzare chi le circonda, quindi lavoriamo anche all’evoluzione di queste relazioni.

 Donne e successo

Quali sono le credenze limitanti tipiche delle donne?

La più diffusa e radicata è sicuramente il non sentirsi abbastanza o  all’altezza. Quando manca la fiducia in se stesse ci si ritrova a cercare una certa validazione e valorizzazione all’esterno di noi stesse, utilizzando il perfezionismo e deducendo il nostro valore dalle vittorie o dalle perdite che collezioniamo. Così facendo, la stima di sé può oscillare molto, e si vive una sensazione di frustrazione ricorrente.

Da dove vengono queste credenze? Perché le donne le hanno e gli uomini no?

Non è vero che gli uomini non le hanno; gli uomini ne hanno altre, differenti. Molto dipende dall’educazione che riceviamo da bambini, e poi ci sono i condizionamenti sociali: una bambina e un bambino vengono educati e crescono in maniera completamente diversa, e questo si ripercuote sul loro futuro. Gli stereotipi di genere esistono, e sono interiorizzati a livello identitario. Per esempio, alle bambine si si insegna a non prendere posizione, a essere brave a scuola, a sacrificarsi per gli altri e a non essere egoiste. Ai bambini invece si insegna a farsi rispettare, a difendersi, ad assecondare i propri bisogni come se fosse sempre un diritto – e infatti spesso lo diviene. Un altro esempio: dal punto di vista emozionale nel mondo maschile l’aggressività è accettata, la rabbia viene espressa liberamente, mentre in quello femminile le emozioni “ammesse” sono la tristezza, la fragilità, la capacità di adattamento e di sacrificio. Ma, indipendentemente dal sesso, siamo esseri umani, tutti dotati della stessa gamma di emozioni.
Il mito del sacrificio poi, tipico italiano, impedisce a tante donne di pensare di meritare di più, di mettersi in discussione e lottare con forza per quello che vogliono: un aumento di stipendio, una promozione, un cambio di vita. Pensiamo di dover arrivare a fare tutto (le mamme, le donne in carriera, i lavori domestici, la vita sociale, lo sport, il volontariato, etc.) senza mostrare alcuno sforzo, come se fosse normale, dovuto, e soprattutto senza chiedere mai aiuto. L’affermazione di sé attraverso il “tradimento” di questi valori condivisi è considerata inaccettabile, e quindi molte donne reprimono i loro desideri mettendoli per sempre da parte. E d’altra parte è difficile cambiare quando si è circondate da stereotipi di genere in famiglia, al lavoro, nella società, sui mezzi di comunicazione di massa, in politica, ovunque.

Ma ci sono alcune donne che ce la fanno, no?

Si, certo, ma spesso pagano un prezzo enorme. Quando si infrangono certi tabù, si può facilmente essere etichettate, giudicate, isolate – e questo può far paura. Le donne forti fanno spesso paura, vengono stigmatizzate e stereotipate.

Ma come si fa a cambiare? Quanto tempo ci vuole?

Un percorso di coaching non è un lavoro infinito: con me dura in media dai 3 ai 6 mesi. È un accompagnamento individuale che prevede sessioni di coaching bisettimanali e del lavoro da svolgere autonomamente a casa con materiali che fornisco io per esercitarsi, proprio come un programma sportivo. Di solito nei primi tre mesi si vedono i primi cambiamenti, entro sei mesi avviene un cambiamento importante, e nel giro di un anno c’è una vera e propria svolta: le credenze limitanti cambiano, i blocchi non ci sono più e le donne sono libere di scegliere quello che vogliono e costruirsi un futuro. E i risultati arrivano.

Quindi cosa consigli alle donne per avere successo e raggiungere i propri obiettivi?

La prima cosa è darsi la possibilità di cambiare, credere che è possibile e che non è un sogno irrealizzabile. Bisogna ascoltare la voce della frustrazione che dice “questa vita non mi piace, ne voglio un’altra”, e attivarvi per ottenerla. E siccome di vita ne abbiamo una sola, dobbiamo cercare di viverla al meglio e di stare bene, è un nostro diritto. Iniziate a rifiutare i modelli standard che la società vi impone e a prendere sul serio i vostri desideri. Non c’è un percorso uguale per tutte, ma un’esortazione valida per tutte sì: non accontentatevi.