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Gig economy, come fare soldi con i lavoretti

Il tempo del posto fisso, si sa, è ormai finito. Ecco dunque che un nuovo modello economico si afferma sul mercato. È la Gig economy, l’economia basata sui “lavoretti”, piccole attività professionali, quasi sempre mediate da app, che integrano lo stipendio, divenuto nel tempo troppo leggero.

Gig economy, una definizione

Il fenomeno è così nuovo che nemmeno Wikipedia ha una pagina dedicata alla Gig economy. Di norma, per Gig economy si intende un modello lavorativo on demand, basato  sulla richiesta just in time di servizi, prodotti e competenze. La domanda e l’offerta di questo genere di lavori vengono gestite tramite app o piattaforme on line. Quali sono, dunque, i “lavoretti” che fanno la Gig economy? È il caso dell’host di Airbnb, o del rider per Foodora o del freelance di Fivver o ancora il tassista/non tassista di Uber. Si tratta di lavoratori in proprio che svolgono attività temporanee, saltuarie, quasi sempre part time.

I numeri della gig economy

gig economy

Non per questo il fenomeno è meno rilevante. Secondo una ricerca compiuta da Pew Research Center, in America, quasi un americano su quattro arrotonda e guadagna con la gig economy e, sempre più spesso, i redditi extra delle famiglie americane arrivano proprio dalle vendite on line. In particolare, il 18% degli intervistati ha dichiarato di vendere prodotti su internet, l’8% di aver venduto/acquistato lavoretti, l’1% ha affittato beni di proprietà. Ancora più interessante è la valutazione che deriva da questi dati: il 56% del campione considera la gig economy una fonte di reddito importante, se non essenziale, il 42% ammette che si tratta di un piacevole extra da avere in tasca. Una precedente ricerca McKinsey, rivolta ad un campione statunitense ed europeo aveva già accertato che circa un quarto della popolazione in età da lavoro ha contribuito alla Gig economy.