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Indicatori “Esg”: ecco come la sostenibilità entra nella finanza

Environmental, social and governance (ESG): l’acronimo è di quelli che si stanno imponendo sempre di più sull’andamento della finanza globale. Sono i tre pilastri della finanza sostenibile – ambiente, sociale, governance -, tre fattori di misurazione della sostenibilità e dell’etica di un investimento o di una società. Il primo comprende i rischi connessi ai cambiamenti climatici, l’inquinamento, la deforestazione. Il secondo include le politiche di genere, i diritti umani, gli standard lavorativi, le relazioni con la società civile. Il terzo elemento guarda alle pratiche di governo societarie, e quindi la composizione del consiglio di amministrazione, la retribuzione dei manager, la deontologia dei vertici.
Cerchiamo di capire come funzionano gli Esg e perché possono migliorare nettamente la vita di un’impresa, sia in termini economici che di qualità del lavoro.
1) Cosa sono esattamente questi indicatori?
La rappresentazione più diffusa delle variabili ESG è quella fornita dalla società Ftse Russel, che gestice l’indice Ftse-Mib, che le ha raccolte in un grafico. I tre pilastri, abbiamo detto, sono: ambiente, sociale e governance. Per ciascuno di questi ci sono dei sotto elementi, in tutto 14. Gli indicatori sull’ambiente riguardano quindi: la biodiversità, i cambiamenti climatici, l’inquinamento e le risorse, l’uso dell’acqua. Per quanto riguarda gli aspetti sociali sono inclusi: le condizioni di lavoro, i diritti umani e delle comunità, salute e sicurezza, responsabilità verso i clienti. Sulla governance infine si evidenziano gli aspetti sull’anticorruzione, la composizione dei vertici, i rischi di management e la trasparenza fiscale.
2) Cosa chiede la legge
Recentemente l’ordinamento italiano ha recepito alcune direttive europee in materia di variabili ESG. In pratica si chiede inserire o di abbinare al bilancio civilistico elementi di carattere non finanziario alle società, al fine di comunicare in modo trasparente anche le informazioni relative proprio ai fattori della sostenibilità. Le procedure possono essere complesse, in particolare per le realtà più piccole, ma ora che anche la legge le prevede, l’aggiornamento e la formazione su questi temi sono indispensabili.
3) Quanto incidono i fattori ESG sulla finanza globale?
Fino a qualche anno fa la ricerca su questi temi era di nicchia fra manager ed economisti. Ora l’applicazione delle regole e della metodologia frutto di quelle ricerche si sta imponendo a gran voce in un mercato globale che non può fare a meno di confrontarsi con la questione ambientale e sociale. In tutto il mondo 60mila miliardi di dollari sono gestiti secondo i principi dell’investimento sostenibile, così come stabilito dall’Onu. Una cifra enorme e destinata ad aumentare.
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4) Cosa vuol dire inserire questi indicatori nel bilancio?
Per rispondere a questa domanda London Stock Exchange Group e Borsa Italiana hanno recentemente pubblicato una guida ai report di sostenibilità. La guida si compone di 8 priorità per l’adozione di altrettante buone pratiche. Gli obbiettivi sono molteplici: rendere le compagnie più consapevoli dell’importanza dell’ottenere informazioni sulle variabili ESG. Coinvolgere gli investitori sui temi della sostenibilità. Aiutare emittenti e investitori a orientarsi nel complesso panorama del reporting ESG; infine attivare flussi di dati più completi e il dialogo tra emittenti e investitori sui temi della sostenibilità, per consentire agli investitori di prendere decisioni di investimento più consapevoli.
5) “Ma i temi della sostenibilità non riguardano il mio business”
Ne siete sicuri? Sapreste davvero quantificare l’influenza delle variabili ESG sul vostro business? Sia che produciate beni o servizi, questi aspetti attraversano ogni filiera; riconoscerli e quantificarli è il primo passo, e soprattutto per chi è alla ricerca di investitori sono domande determinanti. Una delle esigenze sempre più pressanti di chi investe è capire come gli aspetti ambientali, demografici o politici possono incidere a lungo termine sul loro investimento. L’obbiettivo è di proteggere il proprio portfolio dai rischi connessi a questi fattori. Conoscere quindi l’impatto del proprio investimento su tali rischi assume quindi una rilevanza strategica, per entrambe le parti. E non occorre essere grandi società per fornire report sugli indicatori ESG: anche le piccole e medie imprese hanno l’interesse a fornire più informazioni agli investitori sostenibili, per intercettare i loro capitali e dare lungo respiro alle loro attività.
6) Esistono degli standard o dei formati per la redazione di questi report?
A livello mondiale lo scenario è frammentato e non ancora omogeneo. La creazione e l’adozione di standard universali sono ancora processi in evoluzione. Gli standard più diffusi ad oggi sono quelli elaborati dalla Global Reporting Initiative, chiamati GRI Sustainability Reporting Standards. Le società possono inserire i report sulle variabili ESG nei loro bilanci annuali, nei report specifici sulla sostenibilità o attraverso report integrati; la scelta può variare quindi tra analisi più o meno ampie o approfondite. La valutazione su quale formato sia il più utile per gli investitori è ancora una discussione aperta.
7) Comunicare
Azioni legali da parte di dipendenti, danni di immagine, quadri normativi rispetto al licenziamento o alle assunzioni e così via, sono rischi che gli investitori vogliono conoscere. Inserire le variabili ESG significa valutare quindi realmente l’impatto di questi fattori sull’andamento dell’azienda e dell’investimento. Le società che scelgono di divulgare report comprensivi delle soluzioni ambientali danno un segnale importante al mercato: guardano a lungo termine. Certo, il rischio “green washing” è dietro l’angolo. È quindi importante che l’immagine corrisponda alle azioni reali dell’impresa, che la comunicazione sia puntuale, corretta, completa.
8) La strada dei Green bond
Il mercato obbligazionario green è in crescita. Per Green bond si intendono tutte le obbligazioni emesse per finanziare investimenti nei settori della green economy.
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Secondo i dati diffusi dalla Climate Bonds Initiative, nel 2016 le emissioni di green bond hanno toccato quota 81 miliardi di dollari a livello globale, una cifra che aumenta a 86,1 miliardi se si tiene conto anche delle obbligazioni verdi della Cina che non sono allineate con le definizioni attualmente riconosciute a livello internazionale. Dati pressoché raddoppiati rispetto al 2015, quando i Green bond hanno di poco superato i 40 miliardi. La stima di CBI per il 2017 è di nuove emissioni per 130 miliardi. Si tratta di strumenti finanziari per lo più usati da investitori istituzionali, ma la loro diffusione può rappresentare un’opportunità per molte società che vogliono quotarsi sul mercato con un’impronta green e hanno bisogno di intercettare proprio chi investe secondo i principi della finanza verde.