
Tempio Pausania – Nove ore di requisitoria, due giorni di udienza e una richiesta netta: nove anni di reclusione per tutti e quattro gli imputati. È quanto chiesto dal procuratore capo Gregorio Capasso per Ciro Grillo, figlio di Beppe Grillo, e per Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una studentessa milanese di 19 anni, nel luglio del 2019, in una villa a Porto Cervo.
I quattro, secondo l’accusa, avrebbero approfittato dello stato di vulnerabilità della ragazza, resa incapace di intendere e di volere dall’alcol. “Una valanga di approcci sessuali”, ha detto Capasso in aula, parlando di un contesto in cui la vittima sarebbe stata indotta a bere un “beverone” a base di vodka per poi subire violenza.
Nel formulare la richiesta di condanna, Capasso ha riconosciuto la giovane età degli imputati all’epoca dei fatti – tutti diciannovenni – e ha chiesto per loro le attenuanti generiche. “Non è stato un processo facile – ha detto –. Due ragazze hanno subito ciò che hanno subito, quattro ragazzi stanno comunque vivendo una vicenda più grande di loro. Tutti, in questa storia, hanno sofferto”.
Ieri, in aula, nessuno degli imputati era presente. Le loro versioni dei fatti sono state giudicate “incompatibili con la logica” dal procuratore, che ha parlato di “una ricostruzione non credibile”.
Le difese: “Ci aspettavamo una richiesta pesante”
La reazione delle difese non si è fatta attendere. L’avvocato Gennaro Velle, legale di Francesco Corsiglia, ha definito le richieste “prevedibili” e ha annunciato battaglia: “Evidenzieremo tutti gli elementi che tolgono attendibilità alla persona offesa. Non è finita qui, ci sono ancora molte frecce al nostro arco”.
Bongiorno: “Il consenso valeva zero per loro”

Particolarmente dura è stata l’arringa di Giulia Bongiorno, legale della ragazza. “Questo processo non riguarda solo un singolo episodio, ma una cultura – ha detto –. Ancora oggi, nel 2025, esistono uomini che considerano la libertà delle donne irrilevante. Il tema centrale è il consenso, e in questa vicenda per loro non contava nulla”.
Bongiorno ha ricordato le difficoltà affrontate dalla sua assistita in aula: “Ha risposto a 1.675 domande in 35 ore di esame. Ha pianto 18 volte. In otto occasioni è stato necessario sospendere l’udienza. È un processo in cui il contraddittorio è stato garantito, ma bisogna ricordare che esistono anche i diritti della vittima”.
Poi un passaggio sulle lacrime di Ciro Grillo, che ieri ha rilasciato dichiarazioni spontanee: “Tutti guardavano lui piangere. Ma anche la mia assistita era in lacrime. Con la differenza che lei non ha mai cambiato versione”.
Una sentenza attesa
Nel frattempo, il processo si avvia verso la sua fase finale. I giudici dovranno valutare le richieste dell’accusa, le arringhe delle difese e un dibattito che, fuori dall’aula, ha già acceso l’opinione pubblica. Al centro di tutto, una domanda che pesa più di ogni altra: cosa significa davvero consenso?