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Scandalo nell’ospedale italiano, cosa facevano con le salme: scoperti così

Un’indagine giudiziaria ha rivelato un complesso sistema di corruzione operante all’interno dell’obitorio del Policlinico di Palermo. La Procura ha disposto l’arresto di 15 persone, tra cui dipendenti ospedalieri e titolari di agenzie funebri, accusate di far parte di un’organizzazione dedita a pratiche illecite riguardanti il rilascio e la gestione delle salme.

Secondo l’accusa, il gruppo avrebbe messo in piedi un vero e proprio “tariffario” per l’accesso alle salme e per l’accelerazione delle pratiche burocratiche. Le somme richieste variavano da 50 a 200 euro a seconda delle operazioni, trasformando il dolore delle famiglie in un’opportunità di guadagno illecito.

Modalità e tariffe del sistema illecito

Le indagini hanno documentato che per poter vedere un defunto un’ultima volta prima del trasferimento veniva richiesta una somma di 50 euro. Per le procedure burocratiche o le operazioni logistiche legate alle pompe funebri la tariffa saliva a 100 euro, mentre in casi particolari, come l’espianto di un pacemaker, la cifra poteva raggiungere 200 euro.

Questo sistema, secondo gli atti giudiziari, era una prassi consolidata anche per le ditte funebri che si affacciavano per la prima volta alla struttura.

Indagine e intercettazioni

Tra le situazioni finite sotto la lente degli inquirenti, vi è anche il rilascio della salma di Francesco Bacchi, giovane ucciso fuori da una discoteca nel gennaio 2024, elemento che testimonia la diffusione e la trasversalità del meccanismo.

Le intercettazioni telefoniche hanno fornito prove fondamentali. Dai dialoghi è emerso che i pagamenti in contanti servivano ad “accelerare e facilitare le pratiche” relative al rilascio e alla vestizione delle salme. In una conversazione alcuni dipendenti hanno ammesso che “tutti quelli delle ditte lasciano dei soldi e li dobbiamo dividere”, confermando l’abitudine consolidata.

Indagine su corruzione all'obitorio Policlinico di Palermo

La scoperta del sistema è stata innescata da un’altra inchiesta della Procura di Milano, che intercettò una telefonata di un imprenditore siciliano delle pompe funebri, il quale spiegava a un collega lombardo il meccanismo del sovrapprezzo, affermando: “Qui funziona così, sempre 100 euro gli si dà se si vuole fare”.

Consistenza del sistema e guadagni illeciti

Le conversazioni intercettate mostrano un sistema così strutturato da garantire entrate costanti e regolari. In un dialogo, uno degli indagati si vantava di aver accantonato “solo a giugno… 400 euro”, dimostrando la portata concreta degli introiti illegali che, secondo l’accusa, si basavano sulla vulnerabilità delle famiglie nei momenti più delicati.

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