Minorenni, alcuni di soli 13 o 14 anni. Che vendono articoli ai passanti nei chioschi abusivi o scaricano casse di frutta alle prime luci dell’alba. A Napoli come in Piemonte, per cifre ridicole che a volte non superano nemmeno i 100 euro a settimana. Una fotografia drammatica quella scattata da L’Epresso, un viaggio in quel lavoro minorile che ancora oggi in Italia dilaga e che spesso è sinonimo di vera e propria schiavitù.
Dal 2013 fino al primo semestre del 2018 si sono verificati 1.437 casi di violazioni penali accertate della normativa sul lavoro minorile. In poche parole: ragazzini al lavoro sotto l’età consentita per legge, 16 anni. Diciotto, per i lavori più usuranti. Ogni anno si registrano piccoli ma subdoli aumenti del fenomeno. E si tratta ovviamente soltanto di una minuscola stima. Perché nella maggioranza dei casi lo sfruttamento dei minori rimane sotterraneo, impermeabile a denunce e controlli. Secondo i calcoli dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il numero dei piccoli schiavi in Italia supera ormai le 300mila unità.
Un’emergenza che riguarda soprattutto bambini italiani, spesso convinti a lavorare dalle loro stesse famiglie. E così, di pari passo con un livello di dispersione scolastica sempre più allarmante, ecco che avanza una generazione senza avvenire. O pronta a diventare potenziale serbatoio per attività criminali. Per capire basta un dato: il 66% dei minori che oggi sta scontando una condanna penale ha svolto attività lavorative prima dei 16 anni.Chiusure domenicali, a rischio rischio ricavi per 34 miliardi di euro e 90mila posti di lavoro