L’Italia è sempre più lontana dalla Libia. Una situazione difficile, con il generale Khalifa Haftar che avanza nel sud del Paese mettendo a rischio El Feel, il pozzo da cui l’Eni estrae gran parte del suo petrolio e del suo gas. Il tutto mentre a Tripoli il premier Fayez Al Serraj è invece ostaggio delle milizie chiamate a difenderlo. Roma resta a guardare mentre la Francia di Macron, che proprio di Haftar è grande alleata, sembra a un passo dallo strappare al Bel Paese l’egemonia sulla zona.
Il bombardamento intorno alla pista del piccolo aeroporto di El Feel messo a segno sabato 9 febbraio dalle forze aeree di Tobruk dimostra come il pozzo dell’Eni, distante un centinaio di chilometri da Sharara, sia già nel mirino del generale. Dietro i successi di Haftar, è l’accusa mossa ai gialloverdi, ci sono i passi falsi dell’Italia. Che con Minniti, ai tempi del governo Gentiloni, aveva convinto i capi delle tribù del sud, ricevuti al Viminale, a firmare una tregua. Un accordo che Hafat è riuscito a far saltare, grazie ai finanziamenti di Francia ed Emirati.
E se al sud si mette male a Tripoli le cose vanno anche peggio. Il premier Fayez al Serraj è ormai ostaggio delle milizie incaricate di difenderlo. Non paghe di taglieggiarlo estorcendogli gran parte dei proventi governativi i gruppi armati ne indirizzano anche politica ed alleanze. Mentre l’Italia, isolata, fatica a far sentire la sua voce.