Silvio Berlusconi non è più padrone nemmeno a casa sua. Non comanda nemmeno più a Mediaset, quella che un tempo era la sua arma principale in vista di ogni traguardo elettorale. Oggi il Cavaliere ha il fiato corto, la popolarità scesa ai minimi storici. Se la prende con i dirigenti del Biscione, troppo teneri con il governo gialloverde. Lamenta un atteggiamento troppo poco feroce. Ma da Cologno Monzese fanno orecchie da mercante alle richieste del padrone.
Mediaset si è mostrata docile con Salvini e Di Maio, nonostante le richieste del Cavaliere di spingere sull’acceleratore e iniziare la controffensiva. Anche perché proprio i gialloverdi hanno dato una mano all’azienda: mercato sigillato ai nuovi entranti per le frequenze televisive in eccedenza, sostegno al progetto di fusione tra Mediaset e F2i per le torri tv, battaglia di Cassa depositi e prestiti al fianco del fondo Elliott in Telecom contro la Vivendi, azionista al 28,8 per cento del Biscione.
Oggi Mediaset ha un’aspirazione europea: creare un gruppo televisivo continentale, che sia un tetto per proteggersi dalle intemperie finanziarie e sopravvivere senza soffrire. I dossier di Cologno Monzese sono concentrati da un anno sui rapporti già avviati e le trattative future con i tedeschi di Prosienbensat1 e i francesi di Tf1. Poi dipende da Vivendi, da Vincente Bolloré che non molla la quota del Biscione. E dunque serve pure il governo. Silvio, alla fin fine, dovrà pur adattarsi.