Un anno fa iniziava la campagna dei “porti chiusi” del governo gialloverde, sbandierata già in campagna elettorale. Da allora, denunciano Medici senza Frontiere e Sos Mediterranee, almeno 1.151 persone sono morte e oltre 10mila sono state riportate in Libia, un luogo che le rende ancora più vulnerabili a violenza e sofferenza. “Morti che si sarebbero potute evitare – scrivono le associazioni umanitarie in una nota – e che rivelano il costo umano di politiche europee irresponsabili”.
Da quando è stato impedito alla nave Aquarius di entrare in un porto italiano lo stallo in mare è diventato ordinario.”Un anno fa abbiamo chiesto che stalli politici pericolosi e disumani in mare non costituissero un precedente. Invece è esattamente ciò che è successo” ha detto Sam Turner, capomissione di Msf in Libia, aggiungendo che “questa impasse politica tra i paesi europei e la loro incapacità di mettere la vita delle persone al primo posto, è ancora più scioccante oggi mentre i combattimenti continuano a imperversare a Tripoli”.
E mentre le associazioni lanciano un appello per la sensibilizzazione, Salvini ha commentato su Facebook: “Facciamo finta che siano buoni, anche se ho più di un dubbio che siano dati reali. Ma anche prendendoli per buoni, significa la metà rispetto all’anno precedente, meno di un terzo rispetto al 2017 e meno di un quinto rispetto al 2016, quando erano cinquemila in un anno. Sono orgoglioso di aver salvato migliaia di vite umane. Hanno certificato che porti chiusi vuol dire vite salve”. I numeri dei morti in mare sono spesso stati oggetto di controversie, dovute al fatto che il dato reale non viene contestualizzato rispetto ad altri fattori.Legittima difesa, la propaganda da Far West di Matteo Salvini