Primarie. Una parola che era suonata finora come una bestemmia alle orecchie di Silvio Berlusconi, da sempre contrario al voto popolare come strumento per scegliere il candidato premier del partito. E diventate ora, invece, strumento di salvezza per una Forza Italia ormai a serissimo rischio estinzione, mortificata dalle ultime, disastrose tornate elettorale e segnata da un fuggi fuggi generale degli iscritti verso porti sicuri, ovvero la Lega di Matteo Salvini. 
C’è l’ipotesi di una diarchia Carfagna-Toti ai vertici, così da evitare lo strappo con il governatore ligure che sembrava pronto a vestire la casacca verde, con Berlusconi a fare da “supervisore”. Ma c’è anche l’ipotesi primarie, ormai non più un tabù. In quel caso si andrebbe allo scontro proprio tra le due personalità più in vista di questi mesi nella galassia azzurra, avversari rappresenterebbero meglio di chiunque altro lo yin e lo yang, destini opposti per una formazione politica chiamata a scelte definitive, da prendere prima di implodere in maniera definitiva.
Toti incarna la linea salviniana: con lui, i forzisti correrebbero definitivamente tra le braccia della Lega, accettando di essere assimilati in un unico partito. Dall’altra parte, la Carfagna guida la formazione dei centristi che vogliono smarcarsi dal Carroccio e ricollocarsi tra i moderati, per niente disposti ad accettare un destino di subalternità rispetto al sovranismo del Capitano.
Sposare la politica di Salvini, spostandosi a destra e accettando di ricoprire un ruolo secondario, o accettare una nuova sfida, più difficile (i numeri al momento sono impietosi per Forza Italia) ma che in caso di successo darebbe vita a una nuova destra, progressista e liberale, europeista, al momento assente dallo scacchiere. Una scelta che, a breve, Berlusconi potrebbe rimettere nelle mani degli elettori. Che siano loro, in ultimo, a decidere il destino della sua creatura, nata nel ’94 e oggi a rischio estinzione.Rai, Salvini va all’attacco: “È arrivato il momento di tagliare gli stipendi”