Una carriera piena di tappe, quella dell’attuale eurodeputata Irene Tinagli. Che nel corso degli anni è passata da Italia Futura, la formazione di Montezemolo, alla lista civica dell’ex premier Mario Monti, approdando poi nel Pd che all’epoca era guidato da Matteo Renzi, da poco fuoriuscito dai ranghi per cercare migliori fortune, fino a candidarsi ed essere eletta alle ultime europee. 
Come il dimissionario Calenda, anche la Tinagli si dice contraria all’alleanza con i Cinque Stelle, almeno inizialmente: “Come lui ero contraria al governo Pd-M5s, l’ho accettato come male minore perché l’Italia rischiava davvero brutto. Con Carlo ci siamo spiegati, comprendendo ognuno le ragioni dell’altro. Ora sono qui al lavoro, appunto nell’interesse non tanto del mio partito quanto dell’Italia e dell’Europa. Lo dicono tutti, certo”.
“Una cosa mi è chiara – spiega la Tinagli – che per sconfiggere i populisti bisogna essere migliori e più convincenti europeisti. Questo vale anche In Francia, Germania, Spagna, nei paesi del nord. Sfidiamoli al voto, con un fronte fondato sui valori della Repubblica e della democrazia. Bisognerebbe partire dal Pd e guardare avanti con un programma in tre punti che ci avvicini agli standard europei di competitività e vita: migliorando la Sanità che in alcune regioni del Sud rasenta situazioni da sottosviluppo; intervenendo sull’istruzione, visto che siamo uno dei paesi più ignoranti d’Europa, spingendo sugli investimenti, per industria 4.0 e ambiente, ad esempio”.Scissione Renzi-Pd, quanto ci rimette il partito. Una gran bella perdita (economica)