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Giuseppe, ingegnere da 110 e lode che farà il netturbino: “Volevo stabilità e dignità”

A Barletta è successo che nove laureati si sono aggiudicati un posto da netturbino (ogni lavoro è sacro e dignitoso) con un contratto a tempo indeterminato. Avrebbero sperato di spendere diversamente i loro studi universitari, ma in un Paese in stallo, e che offre zero garanzie e speranze ai giovani, hanno preferito puntare su una stabilità certa. Assecondando così le loro sacrosante voglie di mettere su famiglia e avere almeno una certezza. E così, nella graduatoria per diventare netturbino, si leggono i nomi dei 13 vincitori, tra cui quattro diplomati, e spicca al primo posto un laureato in ingegneria con 110 e lode. “Il lavoro – commenta all’ANSA il sindaco di Barletta, Cosimo Cannito – è una priorità, anzi un’emergenza, e questo spinge ragazzi dal curriculum brillante, con lauree e specializzazioni, a candidarsi e vincere concorsi pubblici per fare tutt’altro rispetto a quello per cui hanno studiato e su cui, probabilmente, avevano puntato. E così un laureato in ingegneria può diventare un operatore ecologico”.

Anche Giuseppe Moreno Di Trani, 35 anni, laureato con lode in Ingegneria civile al Politecnico di Bari nel dicembre 2012, e classificatosi primo nella graduatoria della municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti della città pugliese, sarà dunque un netturbino a Barletta. Giuseppe ha raccontato la sua storia e la sua scelta in una lunga intervista pubblicata oggi da Repubblica: “Ero stufo – racconta il giovane – di fare piccoli lavoretti sempre precari, sempre sottopagati, o addirittura gratis. Stufo, come moltissime persone della mia generazione di affrontare una realtà lavorativa disarmante”.

Non è stato facile rinunciare, almeno momentaneamente, alla carriera da ingegnere: “Mi son risposto – prosegue Di Trani – non guardare il titolo di studio, lavora e basta. Bisogna guardare in faccia la realtà. Voglio lavorare e mettere su famiglia con la mia compagna. Perché prima di essere un ingegnere sono una persona”. La lettura di questo fatto non può che essere sociologica. E a questi ragazzi non resta che augurare che questa sia una esperienza che possa tornargli utile nella loro vita in attesa di una piena realizzazione.

Sono emblematiche le parole di Giuseppe, il primo in graduatoria: “Mi sono detto: sei laureato, va bene. E puoi fare la tua strada, quella per cui hai studiato. Ma quanto tempo ci metterai? È ammissibile raggiungere un minimo di stabilità a sessant’anni?”. No, non è ammissibile. Come non è ammissibile che tanti ragazzi debbano rinunciare in partenza all’idea di metter su famiglia perché non hanno un lavoro.

 

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