Un anno fa, nel febbraio del 2019, Matteo Salvini prendeva in mano col solito piglio la bollente situazione della Sardegna, scossa dalle proteste dei pastori che chiedevano un aumento del prezzo del latte di pecore e lo rovesciavano in strada schiumanti rabbia. “Ho incontrato al Ministero i #pastorisardi, obiettivo: risolvere il problema entro 48 ore” era stato l’annuncio del leader della Lega, trionfante. L’obiettivo era stato anche fissato: un euro al litro. Due settimane dopo, il voto alle Regionali in Sardegna avrebbe premiato proprio il Carroccio.
Il problema è che gli accordi citati a Sassari non spostano di molto l’asticella: non si conosce ad esempio ancora il prezzo del latte per la nuova campagna e quello dello scorso anno pare sia arrivato a circa 80 centesimi, al di sotto dei costi di produzione e soprattutto molto più basso di quello richiesto dai pastori durante le proteste dello scorso anno. Il nuovo corso leghista, in compenso, ha provveduto ad aumentare gli avvisi di garanzia nei confronti degli allevatori, accusati di “blocco stradale” grazie al decreto sicurezza nel frattempo introdotto da Salvini.
Sarà il tavolo di filiera alla fine a dover tentare di stabilire il prezzo del prodotto che Salvini prometteva di imporre per decreto. E d’altronde la Bellanova aveva chiarito che non esiste la possibilità di poter stabilire il prezzo del latte: “Quelli che vi dicono che si può stabilire il prezzo del latte con un decreto, vi prendono in giro”. A un anno dalle promesse leghiste si è, in sostanza, ancora al punto di partenza, come spiegano gli stessi pastori sardi ancora impegnati a trattare sul prezzo di vendita dei beni. La Lega, al momento, si accontenta di aver vinto le elezioni.Il consigliere leghista: “La vittoria di Diodato a Sanremo? Una cospirazione delle ong”