È scomparso Gianni Melidoni, figura di spicco del giornalismo sportivo italiano dagli anni ’70 fino alla fine degli anni ’90, noto per il suo ruolo nel celebre programma televisivo ‘Processo di Aldo Biscardi’.
Carriera e contributi nel giornalismo sportivo
Nato a Napoli, Melidoni iniziò la sua carriera giovanissimo, entrando nel quotidiano Il Messaggero a soli vent’anni. Lì lavorò per gran parte della sua vita professionale, ricoprendo anche la carica di vicedirettore, prima di trasferirsi negli ultimi anni al Il Tempo. Seguì undici edizioni delle Olimpiadi, ma fu nel racconto del calcio che lasciò il segno, narrando i successi della Lazio di Maestrelli nel 1974 e della Roma di Liedholm nel 1983.
La sua attività fu caratterizzata da accese polemiche, spesso indirizzate contro le squadre del Nord Italia e persino contro l’allora commissario tecnico Enzo Bearzot, criticato per la mancata convocazione di Roberto Pruzzo ai Mondiali del 1982. La sua presenza nel ‘Processo di Aldo Biscardi’ fu determinante, dove portò ironia e una forte difesa delle squadre capitoline.
Rapporti con il mondo sportivo e riconoscimenti
Melidoni mantenne un rapporto stretto con il calciatore Paulo Roberto Falcao, tanto che la sua fama di “filo romanista” era nota anche tra le tifoserie avversarie. Quando venne contattato dal quotidiano La Stampa per un trasferimento a Torino, ricevette addirittura uno striscione minaccioso allo stadio: “Melidoni, se vieni ti uccidiamo”.
Tra i suoi lavori più significativi, Melidoni ricordava con orgoglio un articolo in cui aveva previsto la medaglia d’oro di Livio Berruti nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma del 1960.
Riflessioni sul giornalismo contemporaneo
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nell’agosto scorso, Melidoni espresse un giudizio critico sullo stato attuale del giornalismo: “Il giornalismo che conoscevo io è morto. I social hanno cambiato profondamente questo mestiere. Io non uso il telefonino. Oggi tutto è massificato, superficiale e confuso. Molte testate hanno perso copie, qualità e credibilità. Le grandi firme sono scomparse e la concorrenza è svanita”.
Concludeva evidenziando come la comunicazione sia diventata diretta, con i protagonisti che si esprimono tramite i propri profili social, un cambiamento che, a suo avviso, rende difficile il lavoro del giornalista tradizionale.