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Affitti brevi, arriva la tassa Airbnb

Nella manovra-bis allo studio del consiglio dei ministri, c’è anche la tassa Airbnb e soci, una cedolare secca per regolamentare gli affitti brevi e portare più soldi nelle casse dello Stato. Mentre ancora prosegue il duro braccio di ferro giudiziario di Uber, il governo cerca di mettere una pezza, almeno nel settore ricettività, in materia di gig economy, l’economia dei lavoretti, parente stretta della sharing economy.

Tassa Airbnb. Ecco cosa prevede

La proposta contenuta nella manovra-bis prevede una cedolare secca al 21% da versare allo Stato per le locazioni sotto i 30 giorni, di norma gli affitti vacanza, al mare o in montagna, e le altre forme di ricettività extralberghiera, come, appunto Airbnb. La tassa, che dovrebbe entrare in vigore da maggio, prevede che siano le agenzie di intermediazione e i siti di intermediazione, Airbnb in testa, a versare la cedolare secca al fisco. In questo caso, Airbnb agirebbe da sostituto d’imposta, versando allo Stato il dovuto dal proprietario e comunicando, fra l’altro, i contratti stipulati all’Agenzia delle Entrate. La tassa Airbnb prevede, in caso di mancata dichiarazione o mancato versamento, una multa all’intermediario o all’agenzia compresa fra i 250 e i 2000 euro.
Secondo i dati di Airbnb, nel 2015 in Italia, c’erano 88300 host, proprietari di casa che hanno messo a disposizione il loro appartamento per un affitto breve, con un guadagno medio all’anno di 2.300 euro. Nel complesso, dunque, gli host Airbnb hanno generato 191 milioni di euro nel 2015, pari a 40 milioni di tasse per lo Stato. Buona parte di queste tasse, però, non sarebbero stata versata. secondo le stime di Halldis, la società italiana che opera nel settore degli affitti temporanei, il 75% degli affitti brevi è in nero. Questo perché il versamento delle tasse è affidato ai proprietari che sono tenuti, fra le altre cose, a comunicare all’Agenzia delle Entrate i contratti di fitto in essere. La tassa Airbnb permetterebbe di aggirare questo ostacolo, imponendo la tassazione al momento dell’intermediazione.

Tassa Airbnb. Chi ci guadagna e chi ci perde

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L’ipotesi della tassa Airbnb trova naturalmente d’accordo tutto il comportato alberghiero che, più di una volta, ha puntato il dito contro le formule extralberghiere che, a loro dire, inquinano il mercato della ricettività producendo nero. Sempre secondo le stime di Halldis, la tassa Airbnb che, è bene ricordarlo, toccherebbe anche ad altre agenzie di intermediazione per affitti brevi, online e offline, permetterebbe al fisco di recuperare circa 3,5 milioni di euro. D’altra parte, è facile pensare che la cedolare secca ricadrà su chi cerca casa per le vacanze, come aumento sulla quota d’affitto da versare al padrone di casa. Non solo. La tassa Airbnb colpisce al momento gli intermediari e non tutte quelle realtà di affitti brevi stagionali, affidati per lo più a contatti personali, che rimarrebbero comunque del tutto sconosciuti al fisco.