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Ascesa e caduta di Marcellone De Vito, l’uomo che poteva essere sindaco di Roma

Un uomo che si presentava come “nuovo”, Marcello De Vito, arrivato in Aula Giulio Cesare sulla spinta del travolgente successo romano dei Cinque Stelle. E però figlio di un passato mai superato, quello dei favori, dei maneggi, delle comunelle tra imprenditori e politici. I soldi, al solito, come unico fine. Un uomo che poteva addirittura essere sindaco di Roma, non fosse stato per le preferenze di Gianroberto Casaleggio per Virginia Raggi, più sicura e di bell’aspetto. 

Come racconta Ilario Lombardo per la Stampa, De Vito era soprannominato dagli amici “Marcellone” per stazza e bontà. Un lungo sgomitare per farsi strada, poi la candidatura a sindaco contro Marino, vincitore, nel 2013. La già Pd cade, la speranza di un pronto riscatto spenta sul nascere anche per una storia di dossier a uso interno raccolti dagli altri tre consiglieri grillini Daniele Frongia, Enrico Stèfano e la futura sindaca Raggi. L’assemblea capitolina era arrivata così come un premio di consolazione. “Raccontano che era a lui che faceva riferimento Beppe Grillo nei giorni peggiori della tormentata giunta Raggi, già prima degli arresti del braccio destro Raffaele Marra e dell’ imprenditore messo a capo di Acea Luca Lanzalone”.Dietro la sua caduta quella frase, l’avvertimento dell’avvocato Mazzacapo: “Noi Marce’ dobbiamo sfruttarla sta cosa, ci rimangono due anni”. Una constatazione in dialetto romanesco che significa “razziare finché si è in tempo, perché quando ti ricapita il governo nazionale e di Roma assieme?”. Due anni fa, tra l’altro, il gip aveva già appuntato come De Vito e l’ex capogruppo Paolo Ferrara si erano attivati per chiedere all’imprenditore Luca Parnasi “di promuovere la campagna elettorale” di Lombardi alla Regione Lazio.
Emblematico, in un giorno nero per i Cinque Stelle, il caso delle arance vigliaccamente portate in campidoglio dagli esponenti di CasaPound. Un gesto vergognoso, indubbiamente. E che però ricorda molto da vicino quel 3 dicembre 2014 che aveva visto i vari Di Battista, Di Maio e De Vito stesso presentarsi con gli agrumi per chiedere le immediate dimissioni di Ignazio Marino.

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