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Brasile, il silenzio di Salvini sull’amico Bolsonaro

L’attacco dei supporter dell’ex presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ai palazzi del potere di Brasilia ha suscitato il rifiuto e la condanna da parte di quasi tutto il mondo, e dello stesso Bolsonaro, almeno in superficie.

Colpisce, invece, il silenzio italiano, in particolare quello di Matteo Salvini, da sempre amico e alleato di Bolsonaro sul fronte del populismo destrorso.

Bolsonaro e Salvini

Anche in Italia si sono espressi un po’ tutti, in particolare dal Partito democratico. Anche dal Movimento cinque stelle. Dal governo è pervenuta una nota ufficiale del titolare della Farnesina, Antonio Tajani, poi ritwittato dalla presidente Meloni, che a tarda notte ci ha ripensato e ha rilasciato una dichiarazione.

In questa situazione è emersa la complicata vicinanza di Salvini alle destre internazionali, dai rapporti con Putin a Orbàn e Bolsonaro. E la competizione tra Lega e Fratelli d’Italia si misura anche nell’aspirazione del partito di Meloni a scalzare il rivale Salvini da quelle poltrone scomode, mantenendo, però, una facciata più affabile di fronte agli schieramenti occidentali.

Carmelo Lopapa, su La Repubblica, spiega, però, che il rapporto tra Salvini e Bolsonaro è qualcosa di più di una questione strategica: “Salvini voleva raggiungere Brasilia quando il leader della destra gialloverde si è insediato alla presidenza, le dichiarazioni di amicizia e sostegno si sono sprecate quando il senatore milanese era vicepremier nel Conte I e poi negli anni a seguire. I due riuscirono finalmente ad abbracciarsi poco più di un anno fa. Il leghista lo accolse a Pistoia durante la visita italiana del presidente brasiliano. E quando Bolsonaro venne contestato dagli studenti di Padova, il leader di via Bellerio si prese la briga di scusarsi a nome degli italiani”.

Conclude Lopapa: “Chissà se il neo ministro Matteo Salvini romperà nelle prossime ore il silenzio per scusarsi con gli italiani del peloso opportunismo politico che lo porta puntualmente a sposare battaglie non solo perdenti, ma inadeguate alla statura che dovrebbe avere e tenere un leader politico e uomo di governo di un Paese civile e democratico”.