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E venne il giorno: Brexit, si vota in parlamento. I possibili scenari per la Gran Bretagna

Gli inglesi, popolo di scommettitori da sempre, hanno già quotato ogni possibile scenario, invitando i clienti delle agenzie a fare una puntata. Il gran giorno è arrivato: Theresa May sottoporrà al Parlamento inglese, dopo il rinvio a dicembre, l’accordo negoziato con Bruxelles per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Cosa succederà? Previsioni alla mano, nonostante gli appelli disperati delle ultime ore, è probabile che arrivi la bocciatura. Ecco, allora, cosa potrebbe accadere in caso a trionfare sia proprio il “no”.

C’è l’opzione del cosiddetto “no deal”, l’uscita traumatica dall’Unione Europea senza accordi che però avrebbe, secondo gli analisti, delle previsioni disastrose per l’economia locale, con contrazione del Pil e crollo della sterlina. Succederà entro il 29 marzo, data entro la quale la Gran Bretagna abbandonerà automaticamente l’Ue. Ipotesi che piace a una fetta del partito Tory: per Boris Johnson sarebbe l’esito più fedele al referendum del 2016. Secondo questi conservatori gli allarmi sono parte di un progetto di disinformazione. Difficile che alla fine accada davvero, ma non è uno scenario da escludere a priori.I parlamentari più filoeuropeisti vorrebbero invece, di contro, convocare un secondo referendum. Ipotesi critica ferocemente da chi parla di “tradimento della democrazia”, visto che il popolo si  è già espresso nel 2016: un nuovo voto non farebbe che esacerbare le divisioni nel Paese, senza la certezza di mettere a tacere la diatriba. Decisiva a questo proposito sarà la posizione del partito laburista: il leader Jeremy Corbyn resta contrario a un secondo referendum e non intende revocare la Brexit. Ma la base del partito è a grande maggioranza filo-europea e reclama una nuova consultazione. La via intermedia tra questi due poli estremi è invece la cosiddetta “opzione norvegese”: in questo scenario la Gran Bretagna rimarrebbe in una situazione simile a quella della Norvegia, cioè fuori dalla Ue ma dentro il mercato unico e l’unione doganale. Una Brexit ultra-morbida in grado di attutire gran parte delle conseguenze dell’uscita dall’Unione. Non a caso questa opzione raccoglie un consenso trasversale fra una gran parte dei deputati ed è sostenuta anche da diversi membri del governo.

Resta però difficile immaginare che un grande Paese come la Gran Bretagna possa acconsentire a diventare in sostanza uno Stato satellite dell’Europa: una condizione che può essere accettabile per una piccola nazione, molto più complicato invece quando si parla di Londra. Da risolvere, in caso, anche il nodo della libertà di circolazione: il voto per la Brexit è stato considerato soprattutto un no alla immigrazione incontrollata.

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