
L’offensiva dei droni ucraini contro le infrastrutture energetiche della Russia si è evoluta in una strategia mirata a compromettere la stabilità economica di Mosca. Gli attacchi, sempre più precisi e mirati, colpiscono raffinerie e impianti di liquefazione con l’obiettivo di costringere il Cremlino a considerare la tregua come unica soluzione praticabile.
Dall’inizio di agosto, sono state incendiate almeno dieci raffinerie tra le più importanti del territorio russo. Le conseguenze si riflettono immediatamente sui prezzi del carburante, con rincari fino al 50% e una scarsità che coinvolge soprattutto Crimea e Siberia, causando lunghe code e stazioni di servizio spesso sprovviste di benzina e diesel. Reuters segnala una riduzione del 17% nella capacità di raffinazione, un dato significativo in un periodo caratterizzato da alta domanda stagionale.
I droni impiegati, potenziati nei motori e nei sistemi di guida, sono in grado di colpire con grande precisione a distanze fino a 1.000 chilometri. Le riparazioni agli impianti danneggiati, che in passato richiedevano circa dieci giorni, oggi si protraggono anche per due mesi. Le immagini satellitari mostrano danni rilevanti in siti come Ryazan, Novokuibyshevsk e Saratov, che insieme forniscono il 14% del carburante russo, mentre l’impianto di Novoshankhtinsk continua a bruciare da quasi una settimana.
In risposta, il governo russo ha vietato l’esportazione di benzina e gasolio fino a settembre, bloccando tra le 50 e le 60mila tonnellate settimanali. Tuttavia, questa misura non riesce a compensare le perdite produttive e non si esclude la possibilità di sospendere anche le forniture ai Paesi alleati, con potenziali ripercussioni diplomatiche.
Kiev ha esteso gli attacchi anche alle infrastrutture di esportazione, come dimostra il grave raid sull’impianto di liquefazione di Ust-Luga, nel Baltico, che produce 20 milioni di tonnellate di carburante all’anno. La distruzione della torre criogenica centrale ha reso incerti i tempi di ripresa. Sono stati colpiti anche depositi in Crimea, rallentando ulteriormente i rifornimenti verso il fronte.
Il Cremlino ha tentato di contrastare gli attacchi spegnendo le antenne dei cellulari nelle aree industriali per neutralizzare i droni, ma molti modelli ucraini utilizzano navigatori dotati di intelligenza artificiale, immuni a tali contromisure. Le difese sono state rafforzate con elicotteri Hind e Alligator, mentre Kiev ha introdotto nuovi missili cruise Flamingo e Super-Neptune, con testate significativamente più potenti rispetto ai droni impiegati finora.
Il rischio di un’escalation militare è in aumento. Putin potrebbe rispondere con i missili Oreshnik, tuttavia deve procedere con cautela. Sul tavolo negoziale, infatti, l’amministrazione americana minaccia di aumentare i dazi all’India per indurla a interrompere l’import di greggio russo. Questa misura potrebbe avere un impatto devastante, considerando che le vendite a New Delhi generano circa 90 miliardi di dollari l’anno, rappresentando una risorsa fondamentale per il finanziamento della macchina bellica russa.