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Cantieri bloccati dalla lenta burocrazia, una condanna per l’economia italiana

In Italia per sbloccare uno solo dei cantieri già in corso d’opera, occorro tempi infiniti a causa di eccessivi meccanismi normativi e burocratici sempre più intricati. Bisogna trovare al più presto una soluzione se non si vogliono annullare gli effetti positivi degli investimenti pubblici stanziati nella manovra, e vanificando ogni impatto sulla crescita economica. Questo è l’allarme lanciato dall’Ance (l’Associazione nazionale costruttori edili), alla ricerca di una soluzione per far risollevare un settore in crisi da ormai troppi anni, attraverso lo spunto del modello spagnolo del 2008. “Con la legge di Bilancio – sottolinea l’Ance, c’è una fortissima spinta sugli investimenti pubblici, ma l’approccio e il meccanismo burocratico sono sempre gli stessi”. La grande preoccupazione che l’associazione sottopone ai legislatori è la necessità di rendere attivi e concreti gli investimenti, senza i quali “non ci sarà impatto sulla crescita e la manovra prevista non sarà ottemperata”.

Il settore delle costruzioni ha visto dal 2008 la chiusura di oltre 120.000 imprese con un’emorragia di piu’ di 600.000 posti. Inoltre secondo gli ultimi dati elaborati dai costruttori, le opere bloccate ammontano a oltre 27 miliardi di euro per più di 300 casi segnalati su tutto il territorio nazionale. I tempi medi per la realizzazione dei lavori vanno dai 2 anni e mezzo fino ai 15, e il settore versa in una situazione drammatica: dal 2008 sono stati persi oltre 600.000 posti di lavoro e oltre 120.000 imprese sono scomparse. A questi numeri allarmanti si aggiungono le crisi dei grandi costruttori italiani, da Astaldi a Condotte fino a Tecnis, che mettono a rischio cantieri, già avviati o in fase di avvio, per oltre 9 miliardi di euro.

Chi ne paga maggiormente le conseguenze sono gli interventi per le scuole: nel 30% dei casi segnalati si tratta di opere di manutenzione e messa in sicurezza di edifici scolastici. Seguono le opere di gestione delle acque con il 29% delle segnalazioni concentrate principalmente nel Mezzogiorno. E ancora, interventi per la viabilità che riguardano messa in sicurezza, manutenzione e realizzazione di strade statali, provinciali e comunali (il 15% dei casi segnalati) e opere idrogeologiche (11%).

Il “Plan Espana” che l’Ance ha richiesto di seguire nella scorsa audizione al Parlamento sulla legge di Bilancio, prevedeva l’apertura di cantieri per 13 miliardi in due anni bruciando una serie di passaggi burocratici e normativi. Proprio il 28 novembre il Cipe ha approvato il nuovo regolamento “adottando innovazioni finalizzate a velocizzare le procedure e l’efficacia delle decisioni concernenti gli investimenti pubblici”. Dunque il governo sta iniziando a lavorare al tema attraverso le modifiche del Codice degli appalti.
Alcuni esempi di cantieri vittime della lenta burocrazia
L’Ance riporta alcuni esempi, come le scuole ferite dal sisma del Centro Italia del 2016 che ancora non riaprono. In Lazio, Marche e Umbria, ad esempio, 21 interventi relativi a scuole danneggiate dal sisma che dovevano essere realizzati in tempo per la riapertura per l’anno scolastico 2017-2018. Significativo è il caso delle scuole di Loro Piceno e Giano dell’Umbria che hanno visto ben due procedure andare deserte e solo al terzo bando gli operatori economici hanno partecipato. Attualmente, quindi, a fronte di 187 operatori economici invitati, solo 30, pari al 16%, hanno partecipato alle procedure negoziate previste, presentando la relativa offerta. Ancora in Veneto il piano stralcio contro le alluvioni nelle città metropolitane è al palo. Il programma, approvato nel 2015 per dare attuazione a una lista di interventi tempestivamente cantierabili, prevede 4 interventi, per 160,8 milioni di euro. Solo per un intervento risultano recentemente avviate le procedure di appalto. I restanti sono tutti in fase di progettazione ed hanno accumulato gravi ritardi rispetto alle tempistiche previste. Infatti, a fronte di una previsione di spesa a fine 2018 di circa 60 milioni di euro, a oggi non sono stati avviati cantieri.Che cos’è il modello spagnolo
Il ‘Plan E’ (Espana) è stato adottato dopo lo scoppio della crisi del 2008 con un decreto del re di Spagna del 28 novembre del 2008. È stato finanziato inizialmente con 8 miliardi di euro per il 2009 e poi con altri 5 per il 2020. In due anni sono stati aperti cantieri per un totale di 13 miliardi eseguendo lavori pubblici su strade, scuole, ospedali e sicurezza del territorio. Ha avuto un’attuazione molto veloce attraverso un sistema di regole e di supporto a comuni ed enti locali (che erano 8.000 come in Italia). L’approccio spagnolo ha snellito le procedure e dato certezze agli enti locali attraverso una struttura di missione (una task force di 150 persone) costruita ad hoc che dava assistenza e rispondeva a tutti i dubbi ed esigenze delle amministrazioni. Sono anche stati messi a disposizione documenti tipo (bandi di gara, decisioni di finanziamento e approvazione dei progetti), consentendo di spendere le risorse stanziate nei tempi stabiliti. La task force garantiva anche sulla bonta’ delle procedure e sulla possibilità di procedere speditamente.

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