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Caos nella politica italiana: chiesto l’arresto per loro. Chi sono (nomi pesanti)

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  • Luigi 

Un nuovo caso giudiziario scuote il panorama politico italiano, riportando al centro dell’attenzione alcuni protagonisti storici della vita pubblica dell’isola e non solo. La magistratura ha aperto un fascicolo che, secondo quanto emerso, avrebbe fatto emergere un presunto sistema di appalti truccati e scambi di favori tra funzionari pubblici e figure di rilievo del mondo politico nazionale. Gli inquirenti parlano di corruzione, turbativa d’asta e associazione a delinquere: accuse che, se confermate, potrebbero aprire un nuovo capitolo di crisi e ridefinire gli equilibri interni di più partiti.

La Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, ha richiesto gli arresti domiciliari per 18 persone coinvolte nell’indagine. Tra i nomi che emergono figurano due politici noti al grande pubblico: l’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, oggi alla guida della Nuova Dc, e il deputato di Noi Moderati Saverio Romano. Entrambi sono stati iscritti nel registro degli indagati, tornando così al centro della cronaca giudiziaria dopo anni di apparente silenzio.

Le operazioni condotte dai carabinieri del Ros hanno portato alla notifica degli inviti a comparire per l’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari. Sarà il gip a decidere se accogliere la richiesta di misure cautelari avanzata dalla Procura e, nel caso di Saverio Romano, a valutare anche la necessità di chiedere alla Camera dei Deputati l’autorizzazione all’arresto. Nel frattempo sono scattate perquisizioni e sequestri di documenti, soprattutto negli ambienti vicini a Cuffaro e ad altri indagati.

L’inchiesta, che coinvolge anche diversi funzionari pubblici, si estende al cerchio ristretto dell’ex governatore. Tra le persone finite sotto la lente figura Vito Raso, per anni autista e collaboratore di fiducia di Cuffaro, che secondo gli investigatori potrebbe aver avuto un ruolo di intermediazione in alcune fasi delicate del presunto sistema di appalti pilotati. Gli inquirenti ipotizzano un meccanismo che avrebbe favorito imprese vicine agli ambienti politici indagati, assicurando vantaggi economici e posizioni privilegiate.

Per Salvatore Cuffaro, questa vicenda riporta alla mente pagine già note della sua storia giudiziaria. L’ex presidente della Regione era stato condannato in via definitiva nel 2011 a sette anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa nostra. Dopo aver scontato gran parte della pena — circa quattro anni e undici mesi, grazie anche all’indulto e alla liberazione anticipata per buona condotta — Cuffaro era tornato libero nel 2015. Negli anni successivi aveva cercato di riabilitare la propria immagine, rilanciando la Nuova Democrazia Cristiana e proponendosi come simbolo di un percorso di riscatto personale e politico.

Anche Saverio Romano, deputato di Noi Moderati, ha un passato giudiziario alle spalle. Nel 2012 era stato prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per insufficienza di prove. Oggi il suo nome riemerge accanto a quello di Cuffaro in un’indagine che rischia di aprire nuove fratture politiche e di compromettere equilibri faticosamente ricostruiti.

La decisione del giudice per le indagini preliminari è attesa nei prossimi giorni. In Sicilia e nei palazzi della politica romana si respira già un clima teso: la sensazione diffusa è che il passato stia tornando a bussare alla porta di una classe dirigente che sembrava averlo archiviato, ma che continua a fare i conti con le proprie ombre.

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