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Caso Orban, è rottura tra Lega e Cinque Stelle. Il movimento pronto a sfidare Salvini

Il duello, come da tradizione, ha un luogo e una data già fissati. 12 agosto 2018, Parlamento Europeo. Lì Movimento Cinque Stelle e Lega si troveranno faccia a faccia, con il rischio che qualcuno metta davvero mano al cinturone. Fuor di metafora, quello che andrà in scena è uno scontro tra due visioni diverse che potrebbero anche finire per collidere. Con conseguenze per il governo italiano per niente banali. Tutto ruota intorno alla figura di Viktor Orban: in aula si voterà infatti la richiesta di attivare la procedura prevista dall’articolo 7 nei confronti dell’esecutivo ungherese, un’esigenza nata a seguito della presentazione da parte della Commissione parlamentare di un report che ha evidenziato come democrazia e stato di diritto non siano affatto scontati in Ungheria. Le aree particolarmente critiche vanno dal funzionamento del sistema costituzionale e giudiziario alla corruzione, passando per libertà di espressione e di insegnamento. Sul voto favorevole o contrario all’attivazione della procedura per eccesso di violazioni da parte di Orban, molti partiti si mostrano divisi. Non certo la Lega di Matteo Salvini, che si schiererà compatta a favore di quel leader incontrato dal numero del Carroccio a Milano il 28 agosto scorso. Decisamente meno solida la posizione dei Cinque Stelle, assai più indecisi sul da farsi.


Le ultime indiscrezioni in questo senso vedono la delegazione pentastellata pronta a sfidare apertamente l’alleato Salvini, frenati soltanto dai dubbi di un Di Maio che teme le possibili conseguenze sul governo giallo-verde. Una riflessione sicuramente complicata, incerta probabilmente fino a mercoledì stesso. Per il Movimento, quell’astensione discussa nelle prime ore rischierebbe di trasformarsi in un boomerang. Un limbo poco fruttuoso tanto a livello mediatico quanto sul fronte del tornaconto elettorale. Il rischio è far passare l’idea che sia la Lega a imporre l’agenda sul fronte della politica estera, con i grillini succubi dell’ingombrante partner.
Il voto contro Orban si fa allora sempre più allettante anche come strumento per smarcarsi da Salvini, e non a caso in molti guardano già in quella direzione. Alessandro Di Battista, dall’estero, ha lanciato la prima stoccata: “Le politiche migratorie di Orban vanno contro gli interessi italiani, quindi Orban non può essere mio alleato”. Il sottosegretario Manlio Di Stefano gli ha fatto eco poco dopo: “Noi non abbiamo nulla a che spartire con Orban”.

La democrazia ungherese è quindi il pretesto per l’inizio di una resa dei conti interna tra gli alleati al governo, con i penstalletati sempre più sofferenti verso una Lega che prosegue dritta per la propria strada lasciandoli indietro, isolati, mentre cerca di trasformarsi nel collante dei movimenti sovranisti e populisti europei. I Cinque Stelle hanno di contro, tra le varie anime confluite nel Movimento, una più di sinistra che guarda con imbarazzo l’asse Orban-Salvini. La ricerca di una posizione più moderata, alternativa a quella salviniana, passa allora proprio da quel voto pro o contro il governo ungherese che potrebbe aprire una nuova fase nel rapporto con i leghisti. Con conseguenze che, come testimoniano i dubbi di Di Maio, potrebbero essere anche molto serie.