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I cinesi si prendono il porto di Taranto. Italia al centro della “guerra” tra Usa e Cina

A Taranto, oltre all’Ilva, ora c’è un altro problema: il porto. Tra i più importanti del Mediterraneo, è un punto strategico che fa gola a molti, soprattutto alla Cina, che infatti sta facendo di tutto per prenderselo, e in parte ci è già riuscita. Il porto di Taranto è infatti al centro della partita geopolitica più importante, quella tra l’Occidente e la Cina. Come racconta il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, “i porti sono uno dei due tasselli (con il 5G) attorno al quale si gioca in Italia la partita fra Cina e Stati Uniti. E lo sono perché il porto di Taranto sta finendo sotto l’influenza cinese”.

Tutto è cominciato lo scorso anno quando è stata affidata, per i prossimi 49 anni, la gestione del terminal contenitori (prima controllato da una società di Taiwan) ai turchi di Yilport Holding. “Un’informativa dell’Aise, il nostro servizio di intelligence estera, ricostruisce come Yilport sia socia della Cosco, compagnia di Stato cinese. Sempre a Taranto sta per chiudersi poi l’operazione per l’affidamento dell’area dell’ex yard Belelli, una delle più grandi del porto (220mila metri quadrati), al Ferretti group, oggi controllato per l’85 per cento dai cinesi del Weichai Group”.

Cosa faranno là? Costruiranno scafi e realizzeranno un centro di ricerca. Scrive ancora Molinari: “I cinesi vogliono Taranto perché è cruciale – come Genova e Trieste, dove però le operazioni a oggi sono più complesse – nella via della Seta, il mastodontico programma di investimenti infrastrutturali che dovrebbe collegare Europa ed estremo Oriente. Taranto rappresenta storicamente, però, uno snodo fondamentale per i Paesi Nato, oltre a essere una dei porti principali della Marina militare italiana. L’ex Belelli che finirebbe nelle mani cinesi dista meno di dieci miglia dall’insediamento Nato da cui partono le operazioni più delicate e sensibili del Mediterraneo”.

Per questo il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha chiesto ai nostri servizi un dossier, preoccupata per le ripercussioni che un’operazione come quella di Taranto potrebbe avere sulla sicurezza nazionale. “Anche perché il tutto non nasce per caso. Ma è, invece, frutto di una scelta politica ben precisa del governo e di un rappresentante in particolare, il sottosegretario alla presidenza, il senatore tarantino Mario Turco, esponente dei 5 Stelle, assai vicino al premier Giuseppe Conte. Turco ha la responsabilità del Cis, il Comitato istituzionale per l’area di Taranto, un miliardo di euro complessivi”.

L’investimento Ferretti godrà di un aiuto pubblico importante, con una bonifica grazie a fondi pubblici da 15 milioni e un investimento di reindustrializzazione da poco meno di 100 milioni, in parte del Cis. “Sono investimenti che serviranno a far rinascere la città. E a compensare quei posti di lavoro che Ilva sta lasciando per strada”, dice il sindaco, Rinaldo Melucci, imprenditore che arriva proprio dal mondo portuale. “La situazione a Taranto è molto delicata. La città ha bisogno di investimenti e di lavoro. Non ci possiamo permettere di soffermarci sulla provenienza degli investitori. Ma sulla loro serietà”, gli fa eco il presidente di Confindustria, Antonio Marinaro.

 

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