
Le recenti elezioni in Romania hanno innescato un vivace dibattito politico e mediatico in Europa. Con oltre il 54% dei voti, il candidato sostenuto dall’Unione Europea ha vinto, confermando i sondaggi pre-elettorali e deludendo le speranze delle forze euroscettiche. Questa vittoria ha rianimato discussioni su libertà democratica, sovranità nazionale e relazioni con Bruxelles.
Una vittoria prevista
La vittoria del candidato europeista era attesa, ma non priva di controversie. Si discute su come il voto sia stato influenzato da interessi esterni, in particolare dalle istituzioni europee.
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Marco Rizzo, tra i critici più vocali, ha dichiarato in un post condiviso sui social che si è trattato di un “colpo di Stato riuscito”. Secondo lui, il processo elettorale ha sacrificato il pluralismo democratico a favore di una visione politica prefissata, allineata alle direttive di Bruxelles.
“Il candidato fantoccio di Bruxelles è sopra il 54%”, ha affermato Rizzo, evidenziando la mancanza di vera competizione e insinuando che in caso di risultato diverso erano già pronte “accuse di interferenze russe”. Questo tipo di accusa è stata ripetutamente utilizzata per descrivere la legittimazione politica nell’Est Europa.
Come amaramente prevedibile, il colpo di Stato in Romania è riuscito. Il candidato fantoccio di Bruxelles è sopra il 54%. E, se ci fossero stati dei dubbi o sorprese, erano già pronte nuove accuse di interferenze russe. La “democrazia” vale solo se vincono loro.
— Marco Rizzo (@MarcoRizzoDSP) May 19, 2025
Legittimità del processo democratico
La critica più pesante riguarda la legittimità del processo democratico. L’idea che la democrazia europea sia valida solo quando vincono i candidati pro-UE è una critica frequente nei paesi dove crescono forze populiste e sovraniste.
In questo contesto, l’esito elettorale rumeno è visto da alcuni come una conferma della tendenza a sostenere candidati che garantiscono stabilità all’interno dell’asse euro-atlantico, spesso a scapito del dissenso politico.
Il dibattito verte su una questione cruciale: la distinzione tra elezioni libere e elezioni accettabili solo se conformi ai desideri delle istituzioni europee. I critici, tra cui Rizzo, sostengono che il rispetto delle regole democratiche è ora subordinato alla conformità a un progetto politico stabilito altrove.

Interferenze e media
Un altro punto critico riguarda la comunicazione politica durante la campagna elettorale. La possibilità che in caso di sconfitta si sarebbe invocata un’“interferenza russa” fa parte di una narrazione che, secondo alcuni, viene utilizzata selettivamente per legittimare o delegittimare determinati risultati elettorali.
Questo approccio, affermano i critici, rischia di creare un ambiente in cui ogni alternativa al modello liberale europeo viene sospettata di connivenza con regimi stranieri, comprimendo il dibattito interno e indebolendo le opposizioni sovrane.
Divisione in Romania
Il risultato elettorale non chiude ma piuttosto riapre il dibattito politico in Romania. Nonostante la vittoria del candidato europeista, il malcontento persiste in ampi settori della popolazione, che chiedono maggiore autonomia decisionale, controllo delle risorse strategiche e un rapporto meno vincolante con Bruxelles.
Mentre l’establishment festeggia una vittoria considerata “nell’interesse dell’Europa”, emergono segnali di sfiducia nelle istituzioni, alimentati dalla percezione di un trattamento iniquo delle diverse forze politiche.
La polarizzazione rimane alta, e la questione della reale rappresentanza dei cittadini diventa un tema centrale per il futuro della Romania. Un paese che si trova ancora una volta al centro di un dibattito più ampio su identità europea, sovranità democratica e il diritto dei popoli di scegliere liberamente il proprio percorso.