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Conte e il negoziato con la Merkel, messaggio a Italia e Ue: “Non cedo su nulla”

“Se l’Europa non si riprende subito e non recupera competitività, resterà schiacciata sul piano globale. Io non voglio cedere a nulla, ma il negoziato è molto difficile”. Parola del premier Conte in missione in Germania per convincere Angela Merkel e strappare un accordo favorevole per l’Italia sul Recovery Fund. Al telefono con il Corriere racconta la sua versione del bilaterale decisivo con la Cancelliera, ultima tappa del tour nelle capitali europee in vista del Consiglio europeo che si apre venerdì. La Merkel ha detto chiaramente a Conte che “a qualcosa il governo italiano deve rinunciare”. Perché i piccoli Paesi del Nord, Olanda, Austria, Svezia e Danimarca non si rassegnano a concedere l’intero tesoretto ai 740 miliardi, di cui 500 a fondo perduto.

E qui Conte ammette che “ci sono molte resistenze” e fa balenare, se non il veto, il potere di interdizione dell’Italia: “Usciamo dalla logica del negoziato a 27, sennò finiremo con un compromesso al ribasso, sia sul Recovery Fund che sul bilancio pluriennale europeo. I due tavoli non si possono superare. Se ci riduciamo a cercare un accordo tra tutti i Paesi finisce che dovremo gettare a mare quel che ne viene fuori”. La paura di Conte è fare “una figuraccia davanti al menalo”. Un appello a Germania e Francia: “Chi ha maggiore visione in questo momento storico deve portare tutti ad avere lungimiranza”.

Conte continua dunque il pressing sulla Merkel, ma sa che dovrà concedere qualcosa, se non vuole uscire a pezzi dal negoziato più difficile. Ecco allora che, nel fiume in piena di parole, Conte ribadisce: “Noi non vogliamo cedere su nulla, ma alla fine qualche limatura tecnica ci sarà”. La questione è: rinunciare ai 250 miliardi di prestiti della Commissione purché non si tocchino i soldi a fondo perduto. Conte poi definisce “condivisibili” alcuni aspetti del piano di Charles Michel sulla portata totale degli aiuti, “ma altri aspetti non sono accettabili. Io vedo varie criticità. Quando si ragiona di riservare il 30 per cento a seconda della crescita del Pil si introduce una contraddizione intrinseca, un elemento di incertezza”.

Conclude il ragionamento Conte: “Se io sto attuando bene il mio piano di riforma e sono in linea con il programma, voi mi tagliate una quota di finanziamento? È una contraddizione irragionevole”. Poi chiude: “Il governo è stabile e produce per il bene dell’Italia”.

 

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