Costretto ad abbandonare il vertice dei paesi mediterranei in corso a Cipro, a imbarcarsi a Nicosia per volare verso Roma a cercare una soluzione per il caso Sea Watch. Nel tentativo di allentare le tensioni in una maggioranza spaccata anche sugli strascichi di quanto accaduto con la Diciotti. Due navi, due focolai: un governo che era stato convinto nell’adottare la linea dura, la chiusura dei porti, e che ora, diviso, si trova a fare i conti con la richiesta di autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri nei confronti di Matteo Salvini.
Nel Movimento c’è chi sostiene le ragioni del “no”, difendendo la solidità dell’alleanza con la Lega. Ma si tratta di una minoranza. Il resto dei grillini rimane convinto che gli elettori non capirebbero una difesa strenua di Salvini, ed è per questo orientato al voto contro il leader del Carroccio. Un bel dilemma, considerando il rischio da un lato di creare una frattura con la base militante e dall’altro di mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo.
Da qui l’importanza di Conte, tornato per assumersi formalmente la responsabilità di quanto accaduto ai tempi della Diciotti così da sottolineare la condivisione all’interno del governo della posizione dura sbandierata dalla Lega. Un modo per dire “la colpa è di tutti, non solo di Salvini. Non è giusto processare solo lui”. Basterà una mossa del genere a placare gli animi? Difficile, con il calendario che parla di due sole settimane al voto e di una tensione sempre più palpabile.