Vai al contenuto

Coronavirus, l’invenzione del dottor Ranieri di Bologna: “Un respiratore per due malati”

Marco Ranieri, direttore della Anestesiologia e terapia intensiva del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, ha progettato il modo con cui raddoppiare la capacità di assistenza negli ospedali dei pazienti con coronavirus in terapia intensiva. Ma aver pensato al circuito che permette di ventilare due malati con un respiratore solo non lo rende felice, perché, come spiega a dire.it, “vuol dire che siamo a un livello vicino alla disperazione. Sono contento di questa cosa? No, perché se noi abbiamo pensato a una cosa del genere vuol dire che siamo vicini al limite di saturazione della nostra capacità di assistenza”.

E aggiunge: “Se la gente non capisce che deve stare in casa per fermare la diffusione del virus, noi non saremo in grado di assisterla”. Utilizzando questa tecnica, sottolinea Ranieri, “è vero che aumentiamo la capacità di assistenza”, ma al tempo stesso “riduciamo la qualità dell’assistenza. Vuol dire che siamo a un livello vicino alla disperazione. Non lo siamo – ci tiene a precisare il direttore della terapia intensiva del Sant’Orsola – noi oggi riusciamo a rispondere a tutte le esigenze, con grande fatica e con grande stress. Ci stiamo riuscendo. Ma la gente ci deve aiutare restando in casa”. Altrimenti il coronavirus continuerà a uccidere.

L’idea del circuito è nata nei giorni scorsi, in un momento di necessità. “Martedì sera – racconta Ranieri – il mio collega Antonio Pesetti, direttore di Anestesia e rianimazione al Policlinico di Milano, mi ha chiamato perché due malati non avevano il ventilatore, erano ventilati a mano e non sapevano come procedere. Dopo il primo momento di angoscia, abbiamo cominciato a lavorare”. Con Pesetti, spiega Ranieri, “lavoriamo insieme da anni. Abbiamo fatto ricerca insieme e abbiamo coordinato studi sull’insufficienza respiratoria acuta a livello internazionale”.

Dunque “abbiamo messo insieme i pezzi, abbiamo rivisto la letteratura e ci siamo accorti che era descritta, come un bricolage artigianale, questa possibilità di collegare un ventilatore a due malati. La mattina dopo abbiamo sentito questa azienda di Mirandola e abbiamo detto: ‘Noi avremmo questa esigenza, abbiamo questa idea e lo faremmo cosi’. Senza un disegno, loro hanno fatto un prototipo e dopo 48 ore ce l’hanno mandato. Noi lo abbiamo testato e ora è in produzione”. Insieme, contro il coronavirus.

 

Ti potrebbe interessare anche: Piero, malato di sla, dona il suo ventilatore polmonare di riserva all’ospedale