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L’emergenza coronavirus vede l’Italia in trincea, a differenza delle altre democrazie evolute che al momento si muovono nelle retrovie. Ma questo interventismo virtuoso del Belpaese, in quella che anche l’OMS ha ormai definito come una guerra senza frontiere, è dovuto semplicemente all’alto senso civico della nostra Nazione o anche in parte allo smantellamento graduale subito dal SSN negli ultimi 40 anni? Partiamo dal dato della spesa pubblica dedicato alla sanità: secondo i dati OCSE l’Italia si attesta al 6,5% del PIL, percentuale simile alla media OCSE (6,6) ma ben distante dalla spesa di UK (7,5), Francia (9,3) e Germania (9,5).

È pur vero che negli ultimi 20 anni abbiamo sempre incrementato gli investimenti dedicati alla sanità, passando da 71 a 114 miliardi di euro, ma al netto dell’inflazione è come se avessimo depredato il SSN di 37 miliardi di euro. Sempre i dati OCSE, aggiornati al 2017, rivelano che i numeri di posti letto in Italia è pari a 3,2 ogni 1000 abitanti, largamente al di sotto della media Europea, che si attesta a 5. Fanalino di coda la Calabria (2 letti disponili per 1000 abitanti), mentre è il Molise la regione più meritoria (3,9). In Europa vediamo primeggiare la Germania con 8 posti ogni 1000 abitanti seguita dall’Austria con 7,4, agli ultimi posti Svezia, Regno Unito e Danimarca (con valori compresi tra 2,2 e 2,6).

Altro dato fondamentale da analizzare sarebbe quello delle terapie intensive, questa statistica non è presente nei dati OCSE ed EUROSTAT, dove però si parla genericamente di posti letto per casi acuti. Qui l’Italia risponde di 2,6 posti ogni 1000 abitanti (media UE 3,7). Ai primi posti Bulgaria (6,2) e ancora una volta la Germania (6,1). I dati che mostrano meglio ciò che eravamo e cosa siamo diventati sono gli andamenti del numero dei letti ospedalieri ogni 1000 abitanti dal 1978 ad oggi (descritti nel grafico A).

Partendo dai 10 posti letto disponibili nel 1978 si nota una ripida discesa sino ai 3,2 odierni. Questa caduta perpendicolare è di gran lunga maggiore rispetto ai dati della Germania (passata in 40 anni da 10 a 9 posti) o della Francia (dai 9 ai 6 attuali). In crescita costante invece i dati di Cina e Corea, mentre il Giappone passa dai 16 ai 14 attuali mantenendo il primato mondiale. Stessa considerazione per i posti letto per casi acuti (grafico B). Qui il dato è ancora più sconfortante. L’Italia ha oggi 2,6 letti disponibili, partendo dai 10 degli anni ’70, la Germania passa da 8 a 6 e la Francia da 5 a 3.

Il coronavirus ha aggredito tutti i settori “malati” del Paese, sorpreso dall’epidemia con “anticorpi” debilitati da decenni di disinvestimenti, sprechi, politiche clientelari ed eccessiva burocrazia. Una volta ripresi si dovrà concentrarsi solo sui temi strategici, archiviando una volta per tutte la stagione dell’eterna campagna elettorale.

di Pasquale Chirico

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