Vai al contenuto

Berlusconi non candidabile: ecco perché la corte europea ha archiviato il caso

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso a maggioranza, di archiviare, tecnicamente di cancellare dal ruolo, il ricorso presentato nel settembre del 2013 dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, secondo il quale l’applicazione nei suoi confronti della legge Severino, che ne aveva provocato la decadenza dalla carica di senatore in conseguenza della condanna inflittagli per frode fiscale, avrebbe violato alcuni articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Tenendo conto del fatto che Berlusconi è stato riabilitato l’11 maggio scorso e del suo desiderio di ritirare il ricorso, la Corte ha concluso che non sussiste “alcuna circostanza speciale connessa al rispetto dei diritti umani” tale da richiedere di continuare l’esame del ricorso, con riferimento all’articolo 37.1 della Convenzione.

L’articolo 37 comma 1 della Convenzione prevede che “in ogni momento della procedura, la Corte può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze permettono di concludere: che il ricorrente non intende più mantenerlo; oppure che la controversia è stata risolta; oppure che per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più giustificata”.

“Tuttavia la Corte – si legge ancora – prosegue l’esame del ricorso qualora il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli lo imponga”. Nel caso di Silvio Berlusconi, secondo i giudici di Strasburgo, che hanno deciso a maggioranza, non sussistono motivi tali da ritenere che il ricorso debba essere ulteriormente esaminato. 

Alle 11 di questa mattina, quindi, la Corte ha reso noto che del caso 58428/13 “Berlusconi contro Italia” non c’è più niente da decidere. Il ricorrente, ovvero l’ex premier, ha ritirato la sua richiesta nel luglio scorso, dopo avere ottenuto dal tribunale di Milano la riabilitazione che lo ha fatto tornare eleggibile a tutti gli effetti.

La Corte di Strasburgo avrebbe potuto andare avanti per la sua strada ed emettere comunque la sentenza, stabilendo principi di civiltà giuridica che sarebbero divenuti punti di riferimento per tutti i paesi che ne riconoscono l’autorità. Invece ha colto di buon grado l’opportunità di non pronunciarsi. Caso chiuso. Una decisione era già stata presa, ma non sapremo mai (almeno ufficialmente) quale fosse.

 

Ti potrebbe interessare anche: Addio province, bentornate province: l’ultima idea di Salvini spiazza tutti, cos’ha in mente la Lega