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Cospito resta al 41bis, ricorso respinto

Alfredo Cospito resta al 41bis. Lo ha deciso la suprema Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso dell’anarchico contro il carcere duro. Cospito da mesi è in sciopero della fame. 

I giudici hanno confermato il dispositivo firmato un anno fa dal guardasigilli Cartabia e confermato dal successore Nordio, rinnovando il rischio di pericolosità sociale rappresentato dall’anarchico, in carcere da dieci anni ma punto di riferimento del movimento sovversivo, a cui trovava il modo di inviare violenti messaggi anche dal carcere prima del 41bis. 

Il “41 bis” è una norma speciale introdotta in Italia nel 1992 con la legge Mammì, dal nome dell’allora Ministro della Giustizia Claudio Martelli e del Ministro delle Comunicazioni Maurizio Maccarone. Questa norma è stata istituita con l’obiettivo di prevenire e reprimere la criminalità organizzata all’interno delle carceri italiane.

Il 41 bis si applica a detenuti che sono considerati appartenenti a organizzazioni criminali, come la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta e altre simili, o a gruppi terroristici. In pratica, la legge prevede che questi detenuti siano isolati dagli altri detenuti, siano soggetti a restrizioni severe e siano sottoposti a un regime di sorveglianza particolarmente rigido.

Queste restrizioni includono il divieto di comunicare con altri detenuti, la limitazione delle visite e delle chiamate telefoniche, la sorveglianza costante attraverso telecamere e l’utilizzo di personale specializzato, l’isolamento cellulare e il divieto di partecipare a attività ricreative o culturali. Inoltre, i detenuti in regime 41 bis sono sottoposti a perquisizioni regolari della cella e del corpo, e non hanno accesso a informazioni o mezzi di comunicazione al di fuori della prigione.

Questo regime restrittivo ha generato diverse critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e avvocati, che hanno sostenuto che le restrizioni violano i diritti costituzionali dei detenuti, tra cui il diritto alla salute, alla privacy, alla difesa e alla libertà di comunicazione. Alcuni hanno anche sostenuto che il regime 41 bis potrebbe essere utilizzato in modo improprio per punire i detenuti senza una giusta causa.

Nonostante le critiche, il regime 41 bis è stato confermato dalla Corte costituzionale italiana, che ha stabilito che le restrizioni erano giustificate a causa della pericolosità degli individui coinvolti e dell’importanza della lotta contro la criminalità organizzata.

In Italia, il regime 41 bis è stato applicato a centinaia di detenuti affiliati a organizzazioni criminali. Secondo i dati del Ministero della Giustizia italiano, nel 2020 c’erano 691 detenuti in regime 41 bis, di cui 574 affiliati alla mafia e 86 a gruppi terroristici.

In conclusione, il regime 41 bis è una norma particolarmente restrittiva che è stata introdotta in Italia per prevenire e reprimere la criminalità organizzata all’interno delle carceri. Sebbene abbia ricevuto critiche per le restrizioni imposte ai detenuti, è stato confermato dalla Corte costituzionale come una misura necessaria per garantire la sicurezza pubblica.