Vai al contenuto

Crisanti: “Con Salvini al governo ci sarebbero stati 300mila morti”

“Salvini critica la mia candidatura con il Pd? Forse dovrebbe pensare a tutti gli errori di valutazione che ha commesso, sia in politica estera che sulla sanità pubblica”. Così il microbiologo Andrea Crisanti, ora candidato nelle liste del Pd, ospite a “The Breakfast Club” su Radio Capital. “Se fossimo stati nelle sue mani ora ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila – aggiunge Crisanti – e oggi saremmo allineati con Putin. Salvini critica me, ha altre cose a cui pensare”.

Il microbiologo dell’università di Padova commenta anche la gestione della pandemia da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza: “Sono stati fatti errori all’inizio, ma il ministro ha collaborato con dirigenti incompetenti, scelta che non dipendeva da lui. Tutti i politici e i medici all’inizio facevano a gara per minimizzare, io sono stato l’unico a metter in evidenza il fatto che stava per scoppiare un disastro. L’Italia – continua Crisanti su Radio Capital – ha bisogno di persone con competenze scientifiche, ma ci siamo stancati di avere in politica tecnici non votati“.

Crisanti, ospite di ’24 Mattino estate’, contenitore di Radio 24, spiega anche com’è nata la sua candidatura con il Pd, da capolista nella circoscrizione Europa: “I contatti con il Pd sono iniziati anni e anni fa, perché sono iscritto al Circolo di Londra dal 2016 e, se vado indietro, da ragazzo ero iscritto alla Fgic ai tempi di Berlinguer. Non c’è stato un grande cambiamento di orientamento politico. Poi il Circolo di Londra ha suggerito il mio nome alla Direzione e la Direzione l’ha accettato. La scorsa settimana sono stato informato che stavano considerando questa possibilità – rivela il microbiologo – mi hanno poi chiesto se la confermavo ed io ho detto di sì. In questa storia non c’è un rigo di più”.

Il professore di Microbiologia dell’Università di Padova ricorda anche le tensioni avute con il presidente della Regione Veneto Luca Zaia per la gestione della pandemia: “Non ho pensato al colore politico dell’amministrazione regionale, ma che ci fossero gli italiani da salvare. Che poi successivamente abbiano fatto degli errori, anche importanti dal punto di vista della gestione, è la ragione per la quale sono entrato in polemica, ma mai politica, con l’amministrazione regionale del Veneto. La mia polemica è stata esclusivamente di carattere tecnico“.
“Fino a quando mi hanno seguito il Veneto è stato un modello – osserva Crisanti -, quando invece hanno fatto per conto loro il Veneto è stato un modello al contrario. Non scordiamoci che durante la seconda ondata il Veneto, in termini proporzionali, ha fatto più vittime e più contagi di tutte le altre regioni in Italia”.
“Se Vaia voleva dimostrare che avevo dato un contributo decisivo, sicuramente c’è riuscito – prosegue il professore candidato con il Pd -. Proprio a ragione delle mie idee politiche, sono la testimonianza che quando si è trattato di guardare alla salute degli italiani per me questo non ha contato nulla”.

“La priorità sanitaria più importante in questo momento si collega all’utilizzo dei soldi del Pnrr – osserva Crisanti a Radio 24 – Tutti noi dobbiamo tenere presente che la maggior parte di questi soldi sono a debito e, quindi, il loro utilizzo deve generare risparmi nel futuro per poterli poi restituire. Penso che il modo migliore di utilizzarli sia nella prevenzione, l’unico modo in cui il Sistema sanitario risparmia”.
“I cittadini italiani hanno l’aspettativa di fare delle analisi, di sottoporsi a degli esami, di accedere al Servizio sanitario nazionale non dopo mesi di attesa – prosegue il medico – Ritengo che le liste di attesa del nostro Ssn siano una cosa vergognosa“. Per Crisanti “il ritardo della diagnosi ha un impatto gigantesco sui costi a valle. Se non si fa prevenzione si spende di più nelle cure. Invece di scimmiottare il modello lombardo con investimenti ad alta tecnologia, di cui beneficerà solo una piccola percentuale degli italiani, bisognerebbe spendere questi soldi nella prevenzione e nel diminuire le liste d’attesa. Solo così sarà possibile generare i risparmi da restituire”.

Infine, Crisanti parla della sua candidatura da capolista nella circoscrizione Europa: “Due milioni e 700mila italiani all’estero che prenderanno parte a queste elezioni eleggeranno un deputato e un senatore: il voto degli italiani all’estero vale dieci volte di meno di un voto degli italiani in Italia. Penso che questa sia una autentica follia e credo che faremo di tutto per poterla riequilibrare”.
Per il professore, il tema della fuga degli italiani all’estero va analizzato considerando che “questi nostri connazionali sono una ricchezza, perché acquisiscono competenze tecniche e scientifiche in settori che vanno dalla sanità pubblica all’economia fino alla gestione manageriale. E al contrario di quello che facevano gli italiani nei primi anni del Dopoguerra, invece di riportare soldi riportano conoscenze preziose in Italia. Senza contare che sono la spina dorsale dell’Europa”.
Per quanto riguarda la campagna elettorale il neo-candidato del Pd sta pianificando una serie di visite in vari Stati “per entrare in contatto con le reti sociali già esistenti, come i patronati, i sindacati e le associazioni anche commerciali e industriali. Poi cercheremo di fare anche interventi pubblici in modo da poter spiegare quali siano le linee del programma e quello che vogliamo fare”.
Il professore dell’Università di Padova fa poi il punto sul “problema della inadeguatezza del numero dei cittadini rispetto alla capacità di offrire servizi consolari. Qualsiasi italiano all’estero sa bene che per avere un passaporto, un certificato o un atto notarile sono necessari mesi. C’è quindi urgenza di digitalizzare tutto quanto – spiega Crisanti – e di investire, di ricollegare culturalmente le seconde e terze generazioni di immigrati che non sanno l’italiano e quindi offrire loro la possibilità di formarsi, anche gratuitamente, nelle scuole italiane. Ci sono problemi di fiscalità, di accesso al Sistema sanitario italiano, c’è da lavorare. Se in Europa eleggessimo dieci senatori e quindici deputati, la situazione non sarebbe questa”, conclude il candidato dem.