Due scatti a riassumere il fallimento della campagna europea gialloverde, istantanee di un governo che prometteva di spaccare il mondo e alla fine si è piegato alle richieste di Bruxelles. Il 27 settembre Luigi Di Maio usciva festante sul balcone di Palazzo Chigi, mostrando il pugno e festeggiando quello che rivendicava come un successo storico: Tria si era arreso, il deficit/pil era stato fissato al 2,4%, lo scontro con l’Europa e le sue richieste di maggior rigore iniziava ufficialmente.![](data:image/svg+xml,%3Csvg%20xmlns='http://www.w3.org/2000/svg'%20viewBox='0%200%20800%20438'%3E%3C/svg%3E)
Qualche mese dopo, il 12 dicembre, il contesto e le facce sono ben diversi. Lo stesso Di Maio, non più in versione ultras, esce da una trattoria romana insieme a Salvini e Conte. I toni non sono più entusiasti, i due vicepremier non hanno nemmeno voglia di parlare, chiedono alla stampa di rivolgersi direttamente al presidente del Consiglio. Lega e Cinque Stelle si sono arresi, optando per un passo indietro che agli occhi degli elettori più baldanzosi suona come un “tradimento”, parola ricorrente sui social network italiani, non a caso.
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Una scelta fatta per evitare una crisi economica che avrebbe finito per minare la stabilità del governo. Arrivata dopo che il ministro Savona aveva per la prima volta iniziato a paventare lo spettro della recessione, delineando un 2019 all’insegna di crescita stagnante, procedura d’infrazione con l’Europa e spesa pubblica sempre crescente. Meglio aspettare, almeno fino a quelle elezioni europee che agli soprattutto della Lega rappresentano uno snodo chiave dei prossimi mesi.
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L’Huffington Post rilancia in queste ore accuse pesanti per le parole usate in questi 80 giorni, che hanno “già fatto danni, costringendo lo stato a pagare più soldi per interessi per quasi un miliardo, vista l’impennata dello spread, e le famiglie che hanno acceso nuovi mutui a contrattare tassi più alti”. I sostenitori gialli e verdi commentano amareggiati la resa. Il governo reggerà, l’onta rimane.
“Salvini chiarisca”. I Cinque Stelle all’attacco sui fondi Lega: l’affondo inaspettato, il governo trema