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Dal politecnico di Torino arriva un drone per eliminare insetti e zanzare

Dal Politecnico di Torino una start-up ha brevettato un drone in grado di disinfestare le zone piene di zanzare.  Usato principalmente in agricoltura, si può usare anche in altri ambienti

Oggi i droni vengono usati per mille usi: dai trasporti di prodotti alle riprese video, fino alla sicurezza. C’è chi poi li usa per eliminare zanzare e insetti. E’ il caso della startup PBK, nata nei laboratori del Politecnico di Torino.
mezzo velivolo


L’azienda ha come fondatori due giovani menti: il ricercatore Roberto Grassi, per 12 anni assegnista di ricerca al Politecnico di Torino, e l’ingegner Carlo Ferro, dottorando, proveniente da una famiglia di coltivatori di riso. Proprio le problematiche legate alla disinfestazione delle risaie di famiglia hanno lanciato a Carlo l’idea di trovare una soluzione innovativa. Attraverso il drone è possibile raggiungere altezze notevoli. I due hanno poi presentato la loro idea ad Antonio Carlin, docente al Politecnico, che ha puntato su di loro. Il loro progetto è ancora un prototipo, ma ha già suscitato l’interesse di investitori e aziende.
drone anti zanzara in azione
PBKopter”, nome dell’invenzione, è formato da un drone di dimensioni leggere e da quattro serbatoi che si possono riempire con del liquido. Guidando l’apparecchio con un telecomando si può scegliere la destinazione e il gettito di fitofarmaci. In questo modo si abbattono i costi per la disinfestazione (solitamente industriale) e sprechi di diserbanti. Oltre che per l’agricoltura, si può utilizzare anche per eliminare le zanzare da altri luoghi. Capita in estate di essere punti da insetti e sopperire al problema comprando creme repellenti, gel idratanti o zampironi. Con il drone e i serbatoi si elimina il problema alla radice. Negli ultimi tempi i droni sono arrivati prepotentemente nella nostra vita, anche perché i prezzi dei modelli base partono da 35 euro. C’è chi li usa per scopo amatoriale e chi per scopi professionali. Ciò ha indotto l’Enac (Ente nazionale aviazione civile) a emanare un regolamento per disciplinare i voli de mezzi a pilotaggio remoto. Esistono infatti zone vietate al drone, dette no-fly-zone, come stadi, caserme militari o siti nucleari. Fra i colossi delle imprese, Amazon li usa per tutte le consegne e in tutti i giorni della settimana.
La storia di PBK insegna che si può sfruttare il drone anche per il miglioramento delle condizioni di campi e persone. Ufficialmente l’azienda è nata ad ottobre del 2015, con Roberto Grassi nei ruoli di CEO e responsabile meccatronica, Carlo Ferro responsabile strutture e Antonio Carlin che nel frattempo è diventato general manager. Ammessa all’incubatore  I3P del Politecnico di Torino, nel 2016 ha eseguito i test del primo drone. Con loro collaborano anche molti studenti e ricercatori. “Il nostro obiettivo è quello di firmare delle convenzioni con le amministrazioni comunali, e ci stiamo già lavorando”, dicono. “Sarà una rivoluzione – concludono – che garantirà meno problemi a tutti”. Intanto PBK sta facendo delle trattative con Enac per portare i propri droni in tutto il territorio italiano.
 

Fonte originale principale: corriereinnovazione.corriere.it