Vai al contenuto

Dati in ritardo e criteri non uniformi: il monitoraggio tra Regioni è un rebus

Una riapertura annunciata ma in realtà ancora incerta, quella tra le Regioni. Prevista teoricamente per il prossimo 3 giugno ma vincolata, in realtà, a un’enorme mole di dati ai quali lavorano il ministero della Salute e l’Istituto superiore della Sanità, cercando di capire quando e in che misura potrà proseguire il graduale ritorno alla normalità già avviato. Con il rischio che ci siano delle sorprese amare nei prossimi giorni. Come racconta il Corriere della Sera, infatti, diverse segnalazioni anomale mettono in pericolo la tenuta del sistema. Secondo il professor Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che analizza sistematicamente le relazioni, “il fatto che la Regione sia titolare del monitoraggio espone a comportamenti di tipo opportunistico”.

Dello stesso parere il biologo Enrico Bucci: “È ovvio che se chiedi alle Regioni di fornirti dati decisivi su aperture o chiusure, saranno loro a determinare quali e come darteli seguendo logiche politiche interne”. Quello che viene riscontrato in questi giorni concitati è una sovrastima dei guariti al momento di comunicare i dimessi dagli ospedali. Una polemica che si innesca su quella sollevata da Il Fatto Quotidiano, che parlava della sparizione, a partire dall’11 maggio, dei casi confermati e sintomatici. Il Trentino, per esempio, è passato da una media di rapporto contagi/tamponi superiore al 4% il 28 aprile, preoccupante, a un molto più rassicurante 0.14% l’11 maggio.Il sottosegretario Pierpaolo Sileri ha chiesto alla Regioni più accuratezza, ma i deficit sembrano strutturali: il numero dei tamponi viene comunicato, per esempio, senza specificare se si tratta del primo effettuato o di quello di conferma e se il paziente aveva sintomi o meno. In questo modo stabilire quanto siano importanti successivi controlli è impossibile. La privacy ostacola invece i riscontri sulla mortalità nei singoli Comuni, con il risultato di far finire nel conteggio complessivo, spesso, solo i decessi negli ospedali. Difficile capire anche se la diminuzione di terapie intensive sia legata ai decesso o agli estubati. Per quanto riguarda l’Rt, l’indice sulla riproduzione del virus dopo le misure di contenimento, si basa inoltre su dati vecchi e non parametrati: da qui il caso dell’Umbria che, per un aumento da 11 a soli 24 contagiati, è entrata improvvisamente in allarme, visto che il dato non è proporzionato al numero di casi complessivi. Inoltre per stabilire correttamente l’Rt, le Regioni dovrebbero fornire la data di insorgenza dei sintomi. Servirebbe almeno il 50 per cento dei dati, per stilare stime attendibili. Ma la cifra non si raggiunge in nove Regioni.

Fontana: “In Lombardia nessun errore, chi lo dice non conosce i fatti”