Vai al contenuto

De Pau, nessun raptus per il triplice femminicidio. Le indagini sul suo stato e su altri omicidi

Giandavide De Pau resta in carcere e gli inquirenti provano a indagare sul suo effettivo stato psichico, dopo le dichiarazioni degli scorsi giorni da parte della sorella, che evidenziavano un problema di tossicodipendenza e di stato psichico alterato.

Il 51enne ex autista del boss della camorra, Michele Senese, vantava contatti molto importanti grazie ai quali stava davvero per lasciare l’Italia poco prima del suo arresto, sabato mattina.

Giandavide De Pau trasportato in carcere

A insospettire gli inquirenti sul suo effettivo stato psichico ci sarebbe l’incoerenza tra il comportamento davanti alle telecamere di sicurezza, nelle quali appare alterato, e la freddezza con la quale ha filmato le sue vittime. E non per la prima volta, dato che nel suo cellulare ci sarebbero anche le prove di altri assalti sessuali alle prostitute romane.

La polizia scientifica su uno dei due luoghi del delitto di giovedì 17 novembre nel quartiere Prati a Roma

Le modalità con cui ha avvicinato e ucciso le tre prostitute, inoltre, ricordano un omicidio rimasto senza colpevole, quello di una prostituta che nel 2006 venne ritrovato sull’Ardeatina da un camionista in transito e che fu ribattezzato come il caso del “macellaio dell’Ardeatina”, per via delle condizioni in cui era stato lasciato il corpo, con ampie mutilazioni.

Sembra certo anche l’assalto a una prostituta brasiliana, che riuscì a rifugiarsi in un taxi e quello di un’altra sudamericana che per sfuggire all’assalitore si lanciò dal suo balcone, procurandosi diverse fratture.

Marta Castano Torres, “Yessenia”

Difficilmente il malvivente darà delle risposte e la parola resta agli inquirenti. Intanto c’è voluta esattamente una settimana per dare un nome alle due donne asiatiche uccise in via Durazzo, prima dell’omicidio della trans Marta Castano Torres, conosciuta come Yessenia.

Si chiamavano Li Yanrong e Yang Yun Xiu. La prima, nata nel 1977, si faceva chiamare Sofia, mentre la seconda, classe 1967, si faceva chiamare Lia. C’è voluto del tempo per individuarle perché sono stati necessari gli incroci con i documenti trovati nel loro appartamento e i documenti a disposizione dell’ufficio immigrazione.