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Cresce la fronda di Fico e insorge anche Gino Strada: 5Stelle allo sbando

Movimento 5 Stelle nel caos totale, la legittima difesa spacca ancora di più un gruppo che Di Maio non tiene più. Nel giorno in cui Gino Strada (che loro stessi volevano candidare a Presidente della Repubblica) si appella a Mattarella perché non firmi “il decreto sicurezza, razzista e fascista”, Elena Fattori, una delle più dure nella battaglia contro la deriva securitaria guidata dalla Lega, cita il fondatore di Emergency: “Mi piace ricordare agli smemorati che lo slogan 5 Stelle era ‘nessuno deve rimanere indietro’, non ‘prima gli italiani’ e che alle prime votazioni online per il presidente della Repubblica il secondo più votato fu Gino Strada. Giusto per capire da dove veniamo. Dove stiamo andando è un altro discorso”.

Dove stia andando il Movimento un po’ lo si intuisce, ma si capirà meglio nelle prossime settimane, in un paio di tappe fondamentali per vedere se la fronda interna, finora un focolaio di testimonianza più che di guerriglia, sfocerà in una vera rivolta o sarà riassorbita dal dirigismo centralista del Movimento. Prima tappa, il Global migration compact. Seconda, la legittima difesa.

Il 10 dicembre a Marrakech si adotta il documento sulla migrazione internazionale. Dopo le aperture del premier Conte, Salvini ha annunciato il no. Il governo potrebbe riferire in Parlamento il 22 dicembre, a cose fatte. “Il che mi irrita profondamente – spiega Fattori -. Abbiamo ceduto ai diktat di Salvini e poi usiamo il Parlamento come paravento ipocrita”. Roberto Fico, ormai leader riconosciuto del fronte antileghista, ha già detto chiaramente la sua: “Bisogna firmarlo, per non restare soli nella gestione del fenomeno dell’immigrazione”.

Luigi Di Maio sta lavorando per evitare spaccature interne, che lo renderebbero ancora più debole. Il momento per lui è difficile, per vari motivi: l’egemonia crescente di Salvini, le denunce sul padre e il ritorno di Alessandro Di Battista, che però potrebbe fargli il regalo di Natale di ripartire in fretta. Per queste ragioni Di Maio si è convinto a usare la carota, più che il bastone. Ha ringraziato Fico per non aver criticato il decreto prima del voto (del resto, l’obiettivo di mandarlo a guidare Montecitorio era quello di neutralizzarlo politicamente), e non ha dato il via libera a provvedimenti verso i dissidenti.

La fronda è piccola (almeno per chi ha il coraggio di apparire) ma agguerrita. Gregorio De Falco attacca sul Migration compact: “La decisione del governo di non partecipare è contraddittoria e senza senso”. Per De Falco era già stata annunciata un’espulsione che finora non è stata eseguita. I procedimenti ai probiviri risultano ancora aperti: “Scorrettissimo tenerci sospesi – spiega Fattori – così ci si delegittima e ci si rende difficile lavorare”. Con Fattori e De Falco, ci sono una quindicina di deputati. Non una corrente compatta di dissidenti, ma una massa di singoli, mossi dalla voglia di tornare alle radici e di contrastare lo strapotere salviniano.

Se andrà come vuole Salvini, si darà precedenza alla legittima difesa. Tema altamente divisivo per i 5 Stelle. Che premono per portare avanti i loro progetti, perfetti per la campagna elettorale: la battaglia sull’acqua pubblica, il taglio dei parlamentari e degli stipendi, l’introduzione del referendum propositivo senza quorum e l’abolizione dello stesso per i referendum abrogativi. Paola Nugnes avverte su Fb: “Per fare la rivoluzione bisogna studiare”.

 

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