Difficile far capire il fenomeno Cinque Stelle all’estero, con la stampa che continua a interrogarsi sulla vera natura del Movimento. Descritto dal New York Times come un’entità “a metà tra destra e sinistra”, dal Sun come un “partito votato principalmente da elettori di sinistra e che però si è ritrovato a governare insieme alla Lega di Salvini”. E dalla linea politica altalenante, a tratti più progressista e di colpo vicinissima a quella del Carroccio. Con un leader “occulto” pronto a tornare per prendere in mano una parte gialla dell’esecutivo il cui consenso è di colpo diventato uguale se non inferiore a quello dell’emisfero verde: Alessandro Di Battista, il “Che Guevara dei Cinque Stelle” come è stato ribattezzato per la sua ossessione verso il rivoluzionario argentino. E che, nei sogni di molti sostenitori pentastellati, potrebbe far innamorare di nuovo l’Italia del Movimento.
Da oltre i confini, le idee politiche di Di Battista appaiono chiare: il capitalismo è il male e danneggia gli stati più deboli del mondo. Bisogna aiutare le ribellioni nel sud del mondo, piuttosto che accogliere chi fugge verso nord. E poco importa se questo significa allearsi con movimenti xenofobi. Il rientro in Italia, da molti auspicato, non cambierebbe quindi del tutto le carte in tavola: con Salvini, la convergenza su punti come la lotta all’immigrazione sarebbe immediata. Diverso sarebbe il discorso su altri fronti, come il recente scontro sul condono. Difficilmente con Di Battista i Cinque Stelle avrebbero chinato il capo, a costo di arrivare alla rottura. O quasi.“Io dittatore fascista: datemi il potere per 6 mesi”. M5S, Di Battista senior choc