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M5S, i dissidenti presentano la Carta di Firenze: un attacco a Di Maio e Casaleggio

I dissidenti del Movimento 5 Stelle lanciano la Carta di Firenze: un documento di due pagine, redatto dai più critici nell’assemblea promossa il 29 settembre scorso nel capoluogo toscano. Promotore del raduno, il consigliere regionale del Lazio, Davide Barillari, acerrimo nemico dell’accordo con il Pd. Impossibile sapere quanti fossero davvero gli attivisti riuniti a Firenze. Barillari ha soltanto riferito che provenivano da dieci regioni italiane: Toscana, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Trentino Alto Adige, Marche, Sardegna, Umbria.

Aperto alla sottoscrizione online sul sito www.cartadifirenze2019.it, il documento è il frutto di quattro tavoli di lavoro. E suona come un attacco esplicito sia al capo politico Luigi Di Maio sia al presidente dell’Associazione Rousseau, Davide Casaleggio, figlio ed erede di Gianroberto, cofondatore del Movimento.

La Carta di Firenze chiede infatti la revisione dello statuto e della figura stessa del capo politico attraverso l’introduzione di organi elettivi e collegiali a livello nazionale, regionale e provinciale. Non è una richiesta peregrina, condivisa com’è anche da molti parlamentari. Convinti che occorra rimettere mano allo statuto di dicembre 2017, che fu redatto dallo studio genovese dell’avvocato Luca Lanzalone , poi diventato il legale di fiducia del M5S, l’uomo chiamato nella Capitale guidata da Virginia Raggi per gestire il dossier dello stadio e infine il presidente dell’Acea.

Salvo finire agli arresti proprio nell’ambito dell’inchiesta sull’arena della Roma. È quel documento, secondo i detrattori, che accentra troppi poteri nelle mani del capo politico. Inoltre, la Carta invoca “l’attribuzione della piena proprietà e della gestione del sistema operativo Rousseau al Movimento 5 Stelle”. E qui il tema è ancora più scivoloso.

La piattaforma , sviluppata dalla Casaleggio Associati, è stata donata nel 2016 dopo la morte di Gianroberto non al Movimento, ma all’Associazione Rousseau di cui per statuto il figlio Davide è presidente, amministratore e tesoriere a vita. La stessa associazione a cui ogni parlamentare è obbligato a versare 300 euro al mese, che di fatto è la “cassaforte” del Movimento. Un passaggio di proprietà di Rousseau esautorerebbe Casaleggio jr dal ruolo di plenipotenziario assoluto dell’associazione omonima.

In casa pentastellata l’accoglienza riservata al documento, che propone anche un’assemblea fisica (Forum degli attivisti) e un codice etico inderogabile che vieti la sovrapposizione tra nomine in società pubbliche o private e cariche elettive, è gelida. La richiesta di eliminare la figura del capo politica è bocciata come “surreale”. In ogni caso, la Carta di Firenze ci dice che la situazione all’interno del Movimento è sempre meno “serena”.

 

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