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Djokovic resta in Australia: la decisione del tribunale

La Corte Federale dell’Australia ha annullato la decisione del Commonwealth di cancellare il visto a Novak Djokovic. Il tribunale di Melbourne stabilisce dunque che il campione serbo può entrare immediatamente in territorio australiano per poi prendere parte nei prossimi giorni all’Australian Open di tennis. La decisione arriva nella prima mattina, ora italiana, di lunedì 10 gennaio e scatena subito le polemiche tra favorevoli e contrari. Il governo australiano, tramite il ministro dell’Immigrazione, entro poche ore dovrà decidere se negargli comunque l’ingresso. La vicenda non è ancora chiusa.

Novak Djokovic

Novak Djokovic ha dunque vinto la sua battaglia legale contro il governo australiano. O, almeno, la prima, visto che ancora non è detto che il numero 1 del mondo possa disputare l’Australiana Open. Il Tribunale federale di Melbourne ritiene comunque irragionevoli le motivazioni che hanno portato all’annullamento del visto che gli consentirebbe di entrare nel Paese. Djokovic al momento può entrare in Australia e prendere parte al torneo.

Christopher Tran, avvocato che cura la causa per il governo, ha affermato che il ministro dell’Immigrazione, Alex Hawke, si riserva il potere personale di espellere Djokovic dall’Australia. Se questo dovesse succedere, il giocatore serbo non potrebbe rientrare in Australia addirittura per tre anni. “Le autorità australiane hanno cancellato il suo visto senza alcuna fondata evidenza. Il signor Djokovic ha dichiarato di disporre di una esenzione medica”, attacca invece il suo avvocato, Nicholas Woods. Ma anche il giudice che ha stabilito la sentenza, Anthony Kelly, si chiede “cosa Djokovic avrebbe potuto fare di più per ottenere il visto”.

Prima della sua partenza per l’Australia, avvenuta pochi giorni fa, Djokovic aveva dichiarato ufficialmente alle autorità di non essersi ancora vaccinato contro il Covid perché risultato positivo a metà dicembre. Giustificazioni che però non sono sembrate credibili e che hanno portato al suo trasferimento nel Park Hotel, l’albergo per rifugiati al centro di diverse polemiche.

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