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Dona il polmone al figlio: primo trapianto da donatore vivente

Si tratta di un momento importante nella storia della chirurgia italiana: per la prima volta è stato eseguito un trapianto di polmone da un donatore in vita.

E c’è di più, perché in questo caso è stato il padre del paziente a donare il suo polmone.

Il figlio del donatore, un bambino affetto una rara malattia del sangue, aveva già ricevuto dal papà la donazione del midollo.

L’intervento è stato eseguito ieri, martedì 17 gennaio 2023, all’ospedale Papa Giovanni XXIII, ed è durato undici ore.

L’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo

Le caratteristiche dell’intervento e del paziente hanno reso il caso rarissimo e con pochi precedenti in Europa e nel mondo, dov’è stato realizzato in Giappone e in Nord America.

La famiglia di cui fa parte il piccolo paziente vive in un’altra regione italiana, e il bambino è affetto da talassemia, più conosciuta come “anemia mediterranea, e per questo motivo aveva già ricevuto dal padre un trapianto di midollo, in un altro ospedale.

Questa operazione gli ha permesso di acquisire il sistema immunitario del padre e far fronte alla sua malattia, generando però anche una sindrome di rigetto, consistita in una complessa reazione immunitaria, in cui le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri.

Le conseguenze di questa situazione hanno causato danni irreversibili alla funzionalità polmonare. Da questa esigenza è stata realizzata la prima operazione di trapianto di polmone da donatore vivente in Italia e la terza in dieci anni in Europa.

La prognosi di entrambi i ricoverati è ancora riservata, nel reparto di chirurgia dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, specializzato nelle operazioni di chirurgia maggiore da almeno un quarantennio e dal quale è stato diffuso un comunicato stampa.

“I medici sono fiduciosi sul decorso post operatorio, anche perché in questo caso il rischio di rigetto, particolarmente elevato per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso quando il sistema immunitario ‘riconosce’ il nuovo organo come proprio”.

Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale, spiega che “l’estrema rarità di questi casi e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti, in grado di contribuire efficacemente all’abbattimento delle liste d’attesa. L’intervento segna comunque per il nostro ospedale una tappa importante”.

Il doppio intervento di prelievo e di trapianto ha richiesto l’impiego di due sale chirurgiche adiacenti, che hanno lavorato in parallelo.

Il donatore veniva sottoposto al prelievo del lobo polmonare, mentre nella sala adiacente iniziava la fase di preparazione del ricevente.

L’intervento è stato guidato e coordinato da Michele Colledan, che ha poi eseguito il trapianto sul bambino.

Il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore è stato eseguito da Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 – addominale toracica.

Gli anestesisti della Terapia intensiva cardiochirurgica, i cardiochirurghi pediatrici e i perfusionisti hanno predisposto il supporto delle funzioni cardiocircolatorie.

Le due équipe sono state assistite dalla Anestesia e Rianimazione e dallo staff tecnico ed infermieristico, per un totale di diverse decine di operatori coinvolti.

Lo studio e la gestione dei pazienti prima e dopo l’intervento sono stati seguiti dalle équipe della Pediatria, della Pneumologia, della Terapia intensiva pediatrica e dalla Terapia intensiva adulti. Il Centro Nazionale Trapianti ha concesso un’autorizzazione speciale all’ospedale bergamasco per eseguire questo intervento.

Maria Beatrice Stasi, Direttore Generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII, ha dichiarato: “Un apprezzamento va a tutto il personale che ha gestito il duplice intervento. Casi clinici così complessi e delicati sono possibili grazie a uno sforzo organizzativo straordinario. Diverse decine di professionisti, ciascuno nel suo ruolo, hanno contribuito in tutte le fasi, nei reparti, nelle sale chirurgiche, nei laboratori, nelle sedi e negli uffici del personale tecnico ed amministrativo. È grazie a questo lavoro di squadra che il nostro Ospedale, una grande azienda pubblica, raggiunge e mantiene standard clinici d’avanguardia, non solo a livello nazionale”.