Per contrastare le ferite economiche lasciate dalla pandemia, il governo italiano è intervenuto con una pioggia di bonus, contributi e sussidi. Tali interventi però rischiano di tagliare fuori una fetta importante del mondo produttivo: quello delle grandi aziende. Le spalle larghe non bastano quando, come nel caso di Douglas, gigante delle profumerie da oltre 400 milioni di fatturato con 540 punti vendita e 3000 lavoratori diretti, il lockdown ha completamente azzerato i redditi di centinaia di famiglie e alla ripresa le attività hanno visto un crollo del 40% degli incassi. “Il governo ha pensato alle piccole aziende, ma si è dimenticato delle grandi realtà” – ha denunciato a Repubblica l’amministratore delegato in Italia Fabio Pampani -. In molte di queste misure è previsto un limite di fatturato che noi superiamo. La cosa più incredibile è che siamo stati noi stessi i promotori di alcune di queste norme, le abbiamo sottoposte al governo, ci eravamo illusi che sarebbero state applicate senza alcuna discriminazione. Invece non è andata così”.Secondo l’Ad di Douglas, tra le norme più restrittive pensate dal Governo, c’è la 60% sugli affitti: “E’ sancito che chi fattura più di 5 milioni non ne ha diritto. Allora non si tratta di tagliare fuori le grandissime aziende, così restano fuori anche le aziende medie. Qualsiasi catena, anche la più piccola, resta fuori”. Anche per quanto riguarda il taglio dell’Irap, che ha una platea molto più estesa (per le imprese con 250 milioni di fatturato), la situazione per le grandi aziende non cambia: “La norma include anche le medie imprese, ma lascia fuori ancora le grandi. Per noi sarebbero stati altri 2-3 milioni di possibili risparmi”. Anche i contributi a fondo perduto si fermano alle aziende fino a 5 milioni. In compenso la garanzia pubblica sui prestiti attraverso Sace si estende anche alle grandissime imprese.

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