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G20, raggiunto l’accordo. Ma Trump non cede su clima e protezionismo

G20, trovato l’accordo. I negoziati tra i 20 grandi sono andati avanti tutta la notte. Non era scontato arrivare a un’intesa sul documento finale di questo vertice argentino. Che rischiava di fallire dietro le pressioni della delegazione americana critica su diversi capitoli: commercio, migranti e clima i principali. Alla fine, alle 6.30 del mattino, si è trovata la sintesi. Il G20 vede favorevolmente “la forte crescita economica globale, anche se sempre meno equilibrata tra i paesi” ma sottolinea come “alcuni dei principali rischi, tra cui le vulnerabilità finanziarie, si sono in parte materializzati”.

Lo si legge nel comunicato finale del G20. “Riaffermiamo il nostro impegno a utilizzare tutti gli strumenti politici per una crescita forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva e per salvaguardare i rischi di ribasso, intensificando il dialogo e le azioni per rafforzare la fiducia”. Anche il presidente Usa, Donald Trump, ha firmato il documento finale di 31 punti pur mantenendo una posizione “speciale” sull’art. 21 dedicato al clima e confermando che Washington resterà fuori dagli accordi di Parigi.

Nella dichiarazione finale si legge infatti che i Paesi firmatari dell’accordo di Parigi, tranne gli Usa, confermano come l’intesa sia “irreversibile” e come gli impegni previsti debbano essere “pienamente attuati” pur rispettando le
differenze esistenti da Stato a Stato. L’accordo al G20 dunque è arrivato anche se il testo di 31 paragrafi, proprio per venire incontro alle richieste Usa, è stato molto depotenziato. Il paragrafo sui migranti scritto dall’Italia e sostenuto da tutti i partner europei alla fine è passato, ma sono state eliminati tutti i termini che rimandano alla riforma Onu del global compact e ai diritti umani.

Lo stesso per il capitolo commercio dove è sparita, rispetto ai vertici degli anni precedenti, qualsiasi riferimento alla lotta al protezionismo, in quella che sembra essere una chiara vittoria di Donald Trump. I leader fanno solo riferimento all’esistenza di “problemi sul fonte del commercio”. Nel documento si parla solo della necessità di riforma del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. Proposta di riforma appena presentata dalla Ue preparata assieme a Cina, India e altri paesi.

È stato un negoziato molto faticoso e lunghissimo, oltre che per l’ostruzionismo americano, anche per il metodo assunto dalla presidenza argentina nella stesura del draft del documento: fino all’ultimo giorno sono state permesse le modifiche da parte delle delegazioni, a differenza delle altre volte dove la presidenza di turno chiudeva il draft diversi giorni prima del vertice. Così, dopo cinque giorni intensi di negoziati sul testo, che terminavano ogni giorno alle 3 di notte, e l’ultimo – stanotte – terminato alle 6.30 del mattino, si è arrivati a un via libera dei 20.

L’altro fronte del G20 sul quale si deciderà è quello dei negoziati per un “cessate il fuoco” sulla war trade nel bilaterale tra Stati Uniti e Cina. Trump ieri ha detto che “ci sono buoni segnali prima della cena” con il presidente cinese. Ma un’intesa nella war trade potrebbe arrivare favorita dalle vicende giudiziarie di Trump: l’incontro con Putin al G20 non è saltato per le tensioni con l’Ucraina. O almeno non solo. I russi confermano che si tratta di “ragioni interne americane”.

Per questo motivo una pax con i cinesi al G 20, seppur di facciata e temporanea, sarebbe una vittoria importante, e a questo punto anche un modo per sviare l’attenzione dalle questioni giudiziarie che lo attendono a casa. Le prossime ore diranno se è così. La cena tra Trump e Xi stasera (nella delegazione di Trump ci sarà anche il genero Jared Kushner per fare da pontiere oltre al segretario al Tesoro Stephen Mnuchin) sarà il momento topico per suggellare la pax.

L’accordo arriverà se gli americani tenderanno la mano ai cinesi, riducendo le richieste con un approccio più equilibrato. Almeno questa è la speranza dei cinesi che in previsione di un possibile patto, nel loro solito pragmatismo, hanno già programmato l’invio di una folta delegazione composta da 30 persone a Washington da metà dicembre per continuare i negoziati sulle partite che resterebbero ancora aperte.

 

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