Il delitto di Garlasco, uno dei casi di cronaca nera più noti e controversi in Italia, torna a far parlare di sé con una decisione che chiude una possibile pista investigativa. La famiglia di Chiara Poggi, vittima nel 2007, ha visto respinta la richiesta di ulteriori accertamenti su una traccia chiave, lasciando aperti molti interrogativi.
Garlasco, la vicenda dell’impronta 33 e la richiesta di nuove analisi
Il 13 agosto 2007, Chiara Poggi veniva trovata morta nella casa di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia. Dopo anni di indagini e processi, Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva per omicidio volontario. Tra gli elementi emersi nelle indagini, particolare attenzione era stata rivolta all’impronta palmare numero 33 rilevata sulla parete delle scale della villetta, la quale, secondo alcuni esperti e i legali della famiglia Poggi, avrebbe potuto contenere tracce di sangue appartenenti a una persona non identificata. La famiglia Poggi ha pertanto avanzato una richiesta di incidente probatorio per effettuare nuove analisi sull’impronta, nella speranza di ottenere risposte che potessero riaprire il caso.
La decisione della Procura di Pavia: nessun materiale disponibile
Il 2 luglio 2025, la Procura di Pavia ha respinto la richiesta dei legali della famiglia Poggi, motivando la decisione con l’assenza di materiale disponibile per ulteriori esami. Nel provvedimento si evidenzia infatti che la provetta contenente i residui di intonaco prelevati dalla zona dell’impronta è risultata dispersa, mentre il materiale originario è stato già interamente utilizzato nelle analisi precedenti.

La Procura sottolinea inoltre che l’uso della ninidrina, sostanza chimica impiegata per evidenziare le impronte, ha presumibilmente compromesso la possibilità di ulteriori accertamenti biologici sul reperto.

Conseguenze e implicazioni della decisione
Con questa pronuncia, la Procura di Pavia chiude per ora ogni possibilità di riaprire il caso attraverso nuove perizie sull’impronta palmare. La decisione rafforza la posizione acquisita nelle indagini precedenti, nonostante le continue richieste di approfondimenti da parte della famiglia Poggi e le osservazioni dei difensori di Alberto Stasi, che avevano riconosciuto il potenziale valore biologico della traccia.


Il caso di Garlasco resta dunque una vicenda complessa, destinata a mantenere vivi dubbi e interrogativi anche alla luce della recente decisione della Procura.