Li chiamano hikikomori, un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”, e viene utilizzato in gergo per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori. Giovanni (nome di fantasia) ha 14 anni e non vuole più tornare a scuola. Aveva iniziato le superiori pieno di entusiasmo, poi l’arrivo della pandemia con la Didattica a distanza pian piano qualcosa si è spento dentro. Fino a spingerlo a chiudersi in camera e non uscirne più se non per mangiare. Quest’anno scolastico infatti voti di Giovanni sono precipitati, e il ragazzo passa le sue giornata chiuso in camera lontano da tutti e dalla vita reale: “Sta sempre davanti allo schermo – ha raccontato la mamma del ragazzo-. Si occupa anche di musica, ma comunque attraverso il computer. Non è troppo attratto dai videogiochi, non passa tutto il tempo a giocare. Alterna diversi interessi, ma tutto ruota intorno al computer”.“All’inizio benissimo, prima della pandemia era entusiasta, andava a scuola volentieri, la pagella è andata molto bene”, ha raccontato la mamma al Corriere della Sera. Le cose però iniziano a prendere una piega diversa con l’arrivo dei lockdown e le relative chiusure della scuola: “Più passavano i mesi e i giorni, più rimaneva a casa e più sentiva la difficoltà e la paura di tornare a scuola. Quest’anno è andato tutto male”. Come ha raccontato la mamma, con il subentro della didattica a distanza, Giovanni era ancora meno stimolato a seguire le lezioni. Secondo la donna le cause sono da trovare nel “rimanere tanto tempo a casa lo ha completamente distaccato dall’ambiente scolastico. Già con il primo lockdown in realtà non ha vissuto la scuola, perché è mancato quel contatto con gli altri che ne è alla base”.
