Vai al contenuto

Non c’è due senza tre! Conte e il vizietto di cambiare versione secondo le convenienze

Tre versioni diverse in così poco tempo è quasi record: l’avvocato del popolo, nonché vicepremier dei suoi due vicepremier, Giuseppe Conte (anche se formalmente sarebbe il presidente del Consiglio), dà un’altra spiegazione sui suoi rapporto accademici con Guido Alpa. Rapporti che hanno alimentato più di un sospetto sulla sua carriera universitaria. Il problema è che è lo stesso Conte ad aver inserito nel suo curriculum di aver aperto uno studio professionale con Alap proprio nell’anno del concorso. E qui, incalzato, ha tirato fuori la terza versione: niente studio insieme, non più semplici coinquilini ma ora siamo ai “separati in casa”.

Quindi Conte spiega che lui e Alpa si sono limitati ad aprire uno studio insieme per poi limitarsi a dividersi le stanze… E Conte, per gonfiare un po’ il suo curriculum (una pratica decisamente ricorrente per lui, a questo punto), sfruttando il nome di Alpa, ha inserito questa nota un po’ ambigua.

Però non tutto è come l’avvocato del popolo vuole far sembrare. Ci sono infatti una decina di provvedimenti pubblicati sulle banche dati che documentano difese legali nella stessa causa, per lo stesso cliente, dei professori Guido Alpa e Giuseppe Conte. Tre di questi provvedimenti danno per scontato che Alpa e Conte abbiano uno studio in comune. Un dato interessante alla luce della polemica sollevata dall’inchiesta di Repubblica.

La questione è quella del “conflitto di interessi” che avrebbe dovuto indurre il commissario di esame Guido Alpa ad astenersi dalla commissione che giudicò nel 2002 Conte idoneo al ruolo di professore ordinario. Alpa condivideva allora lo studio con Conte? E lo condivide tuttora? L’Autorità Anticorruzione nel 2017 ha stabilito che “la collaborazione professionale tra candidato e commissario o la comunanza di vita, per assurgere a causa di incompatibilità, deve presupporre una comunione di interessi economici o di vita tra gli stessi di particolare intensità”.

Raffaele Cantone ieri a Radio Capital ha detto che le spiegazioni fornite dal presidente Conte gli appaiono “plausibili, chiare e condivisibili”. Però resta un dato: Conte sul suo curriculum presentato nel 2013 e pubblicato sul sito della Camera sostiene “dal 2002 ha aperto un nuovo studio legale con il prof. avv. Guido Alpa”. Versione corretta ieri in una lettera al quotidiano La Repubblica così: “siamo stati ‘coinquilini’ utilizzando una segreteria comune, che serviva anche altri studi professionali, tutti collocati nello stesso stabile (…), mantenendo tuttavia distinte le rispettive attività professionali”.

In una sentenza del 10 giugno del 2017, la terza sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti di Roma, scrive “professori Guido Alpa e Giuseppe Conte ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questi ultimi, alla Piazza Cairoli, n.6”. La prima sezione Civile della Cassazione giudica l’11 giugno del 2018 su un altro ricorso: l’Autorità Garante secondo la Corte è “rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati Prof. Guido Alpa e Prof. Giuseppe Conte, presso il cui studio elettivamente domicilia”.

Anche nella sentenza della seconda sezione civile, 12046 del 17 maggio 2010, i giudici scrivono “L.A. rappresentato e difeso, dagli Avv. Alpa Guido e Giuseppe Conte, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma”. Al Fatto risulta che Conte e Alpa abbiano emesso due fatture separate per le loro prestazioni nei confronti del Garante. Dal punto di vista formale, quindi, nessuna comunanza di interessi.

Ieri il premier Conte, impegnato in un intervento all’Accademia della Crusca, ha voluto concludere con una frase emblematica: “Io vedo solo una regola: essere chiari. Se non sono chiaro tutto il mio monto va in frantumi”. Bene, caro premier, viste le ultime inchieste de La Repubblica e anche de Il Fatto quotidiano (da sempre vicino ai 5 Stelle, per giunta), mi sa che lei tanto chiaro non è… Attendiamo ora una quarta versione dei fatti.

 

Ti potrebbe interessare anche: “Decreto da riscrivere”. Genova, il testo è un pasticcio e blocca tutto. Ora è rivolta