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Il giocatore del Genoa Gudmundsson accusato di violenza sessuale: rischia la galera

Gudmundsson Genoa violenza sessuale

Il calciatore del Genoa Albert Gudmundsson è accusato di violenza sessuale in Islanda. Stando a quanto si apprende, la Procura della Repubblica ha fatto riaprire il caso, emettendo un atto d’accusa nei confronti del giocatore, che era stato denunciato da una donna. I fatti erano venuti alla luce nel mese di agosto, quando la ragazza aveva presentato una denuncia per aver subito una molestia sessuale da parte di Gudmundsson.
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Gudmundsson fuori dall’Islanda

Un caso gravissimo, sottolineato anche dalla presidente della Federcalcio che aveva preso immediatamente provvedimenti: Gudmundsson era stato infatti tagliato fuori dall’Islanda, dato che secondo le regole della federazione non può allenarsi o partecipare alle partite con il resto della squadra mentre è in corso un’indagine contro di lui.

La decisione del pubblico ministero apre le porte a una possibile condanna. Secondo l’avvocato della presunta vittima, la sua testimonianza sarebbe particolarmente credibile e in circostanze simili la decisione di archiviare i casi viene revocata soltanto quando si riscontra un’effettiva colpevolezza. Per questo motivo le accuse di violenza sessuale a carico di Gudmundsson potrebbero portare a gravissime conseguenze. L’articolo 194 del Codice penale generale islandese in materia di reati sessuali recita che “Chiunque ha rapporti o altri rapporti sessuali con una persona senza il suo consenso è colpevole di stupro ed è punito con la reclusione da un minimo di 1 anno a un massimo di 16 anni”.

Il caso Robinho

Quello di Gudmundsson non è certo il primo caso di violenza sessuale, vera o presunta, di cui viene accusato o condannato un calciatore famoso. Tra gli ultimi spicca il caso del campione brasiliano Robinho, condannato a nove anni di carcere in primo grado nel 2017 dal Tribunale di Milano per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza di 23 anni, avvenuta in una discoteca del capoluogo lombardo il 22 gennaio 2013. A quell’epoca il calciatore vestiva ancora la maglia del Milan. La sentenza è stata poi confermata in appello e in Cassazione, anche se lui è sempre rimasto a piede libero in Brasile.