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“Possono tornare ma…”. Bambini nel bosco, la decisione è appena arrivata: cosa succede

Il provvedimento temporaneo del tribunale dei minori de L’Aquila

Il caso dei bambini nel bosco al centro delle cronache nazionali vede una possibile svolta. Il giudice Claudio Cottatellucci, presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, sottolinea che il ritorno dei minori presso le proprie famiglie sarà possibile, a condizione che i genitori dimostrino fiducia nel percorso giudiziario e collaborino attivamente. Il provvedimento adottato dal tribunale dei minori de L’Aquila è infatti ancora provvisorio e non prevede una decisione definitiva in merito alla separazione dei bambini dai genitori.

Bambini nel bosco

Una valutazione complessa e non ideologica

Secondo Cottatellucci, la misura adottata non è frutto di un giudizio manicheo, ma deriva da un’approfondita e complessa valutazione volta a tutelare il benessere dei minori. La sottrazione dei bambini alla famiglia non è definitiva, bensì temporanea e finalizzata alla loro protezione. Il giudice evidenzia inoltre come la magistratura minorile operi sempre con l’obiettivo primario di salvaguardare la salute e la vita di relazione dei bambini, anche in presenza di una scarsa collaborazione da parte dei genitori.

Le condizioni della famiglia e l’istruttoria lunga 13 mesi

Il tribunale ha individuato due elementi fondamentali: la tutela della vita di relazione e della salute dei minori. Il tentativo di recuperare le funzioni genitoriali è stato condotto senza successo, come emerge dalle carte processuali che documentano la scarsa collaborazione della coppia nonostante i ripetuti interventi di sostegno da parte dei servizi sociali. L’istruttoria ha avuto una durata di 13 mesi, nel corso dei quali sono stati esplorati tutti i possibili percorsi prima del ricorso a misure più incisive.

Interno della casa in legno dove viveva la famiglia

Il rifiuto della valutazione neuropsichiatrica e le richieste economiche

Tra le prescrizioni iniziali vi era anche una valutazione neuropsichiatrica per i bambini, che la famiglia ha però rifiutato. I genitori hanno inoltre richiesto 50mila euro per ciascun figlio in cambio del consenso alle visite, un atteggiamento che, secondo il giudice, ha reso inevitabile un intervento più strutturato a tutela dei minori.

Difesa della magistratura e contestazioni pubbliche

Cottatellucci difende la presidente della corte de L’Aquila, Cecilia Angrisano, firmataria del provvedimento, attaccata da accuse di “sequestro di persona” che il magistrato definisce una distorsione della realtà. Queste accuse alimentano un clima di odio che rischia di compromettere l’intero sistema di tutela minorile. Il giudice critica inoltre la confusione politica e ricorda che il Csm ha già avviato una pratica a tutela dei colleghi coinvolti.

Il ruolo della difesa e l’appello legale

L’avvocato della famiglia ha 10 giorni di tempo per presentare appello contro il provvedimento. Cottatellucci sottolinea che l’obiettivo comune deve restare il benessere dei minori, un principio condiviso anche da Barbara Rosina, presidente dell’Ordine nazionale degli assistenti sociali.

La prospettiva degli assistenti sociali e le criticità mediatiche

Rosina respinge fermamente la narrazione secondo cui gli assistenti sociali strappano i figli alle famiglie, chiarendo che ogni intervento è il risultato di una decisione collegiale che coinvolge magistrati, psicologi, educatori e psichiatri. Protocollo e linee guida nazionali assicurano che nessuna misura venga adottata senza una valutazione approfondita delle condizioni familiari. L’allontanamento è sempre l’ultima risorsa, applicata solo quando falliscono tutti i tentativi di sostegno e il rischio per i minori è concreto.

La presidente dell’Ordine evidenzia che l’amore dei genitori non può compensare l’assenza di scuola, cure sanitarie, relazioni sociali e una rete familiare adeguata per uno sviluppo equilibrato. Per questo operano comunità madre-bambino e visite protette, adottate per mantenere il legame affettivo anche in situazioni difficili.

Le cause dell’ostilità verso gli operatori sociali

Secondo Rosina, l’ostilità verso gli assistenti sociali nasce anche dal fatto che sono tra i pochi professionisti a entrare nelle case per verificare la sicurezza dei minori, generando paura e diffidenza. In contesti segnati da conflitti familiari, violenze o dipendenze, le accuse diventano frequenti. A complicare la situazione contribuiscono influencer e opinionisti che diffondono informazioni false, colpendo chi non può difendersi per via del segreto d’ufficio.

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