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Lavorare meno, faticare di più: un paradosso tutto italiano, un Paese col fiato corto

Si crea meno lavoro, ma crescono gli affanni legati all’occupazione. Un paradosso tutto italiano messo in evidenza dal Censis in una indagine sul welfare aziendale elaborata con Eudaimon. L’analisi rileva come l’ultimo decennio sia stato deficitario per il numero di occupati nel Paese, con un saldo negativo nel periodo della grande recessione (2007-2017) dello 0,3%. Un dato che si confronta con performance migliori altrove in Europa: è infatti aumentato in Germania (+8,2%), Uk (+7,6%), Francia (+4,1%) e nella media dell’Unione (+2,5%).

A fronte di questa situazione, il ‘percepito’ dei lavoratori descrive un incremento del carico, nonostante le statistiche ufficiali sulle ore lavorate abbiano in passato mostrato come l’economia nel complesso abbia faticato a recuperare i livelli lavorativi antecedenti la crisi, tanto che si è più volte parlato di boom dei part-time e del peggioramento della qualità del lavoro offerto. Secondo il Censis, in ogni caso, il 50,6% dei lavoratori afferma che negli ultimi anni “si lavora di più, con orari più lunghi e con maggiore intensità”.Il rapporto indica che “sono 2,1 milioni i lavoratori dipendenti che svolgono turni di notte, 4 milioni lavorano di domenica e festivi, 4,1 milioni lavorano da casa oltre l’orario di lavoro con e-mail e altri strumenti digitali, 4,8 milioni lavorano oltre l’orario senza pagamento degli straordinari. E con effetti “patologici rilevanti”: 5,3 milioni provano sintomi di stress da lavoro (spossatezza, mal di testa, insonnia, ansia, attacchi di panico, depressione), 4,5 milioni non hanno tempo da dedicare a se stessi 2,4 milioni vivono contrasti in famiglia perché lavorano troppo”.Un quadro di peggioramento delle condizioni percepite che si deve anche agli altri fattori che sono entrati in gioco: invecchiamento della popolazione lavorativa, difficoltà di trovare sbocchi per i giovani, aumento della forbice salariale tra meglio e peggio retribuiti. Ricorda il Censis che vent’anni fa, nel 1997, “i giovani di 15-34 anni rappresentavano il 39,6% degli occupati, nel 2017 sono scesi al 22,1%. Le persone con 55 anni e oltre erano il 10,8%, ora sono il 20,4%”. I lavoratori ‘anziani’ si trovano soprattutto nella pubblica amministrazione (il 31,6% del totale, con una differenza di 13,5 punti percentuali in più rispetto al 2011.

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