Vai al contenuto

Il deputato leghista va in Parlamento con la febbre e senza mascherina

In Parlamento con la febbre e senza protezioni, alla faccia delle disposizioni anti-coronavirus e del senso di responsabilità che dovrebbe, in maniera molto teorica a quanto pare, appartenere al mondo della politica. Protagonista dell’episodio che sta facendo discutere in queste ore è il deputato della Lega Giuseppe Basini che, travolto dalle critiche, ha però minimizzato i rischi di contagio: “Ho fatto un intervento in Aula per dire che occorre fare una campionatura tra i sani. Solo così si combatte la pandemia”.

Basini, che si aggirava per i corridoi della Camera senza indossare nemmeno la mascherina, è stato anche più volte redarguito sia dai commessi che dai questori. Successivamente ha però respinto le accuse: “Al massimo avevo 36,8. Non di più. Certamente non la febbre. All’ingresso mi hanno fatto notare che ero rosso in viso. Ho risposto che avevo preso il sole, poi sono entrato a Montecitorio”.La preoccupazione in Parlamento è stata bipartisan: anche diversi colleghi di partito di Basini hanno infatti iniziato a mostrare la propria preoccupazione, inviando messaggi nelle varie chat per far presente a tutti la situazione e invitare i presenti a stare lontani dal deputato. “Se avessi avuto la febbre non mi avrebbero fatto passare” si è giustificato l’esponente del Carroccio.Secondo l’Ansa, però, la temperatura corporea di Basini al momento dell’ingresso alla Camera era di 37.7 gradi, quindi oltre il limite consentito Quando l’infermiere di turno lo ha invitato a effettuare una nuova misurazione, il deputato avrebbe deciso di entrare lo stesso nel palazzo di Montecitorio, nonostante le rimostranze dei commessi. Il deputato ha indossato la mascherina soltanto quando la presidente di turno dell’Assemblea, Maria Edera Spadoni, lo ha richiamato. Secondo il Fatto Quotidiano, nelle prossime ore il collegio dei questori potrebbe anche sanzionarlo per il suo comportamento.

Il consigliere leghista che invita a non festeggiare la Liberazione: “Via il tricolore”