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Decreto rave, il governo Meloni fa dietrofront: cambia tutto

Il governo Meloni fa un grosso passo indietro sul cosiddetto decreto rave. Il provvedimento varato qualche settimana fa da Palazzo Chigi, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, aveva fatto molto discutere perché i numerosi critici temono che, con questa nuova legge, il governo avrebbe mano libera nel vietare anche le normali manifestazioni di piazza, oltre alle feste illegali a cui partecipano migliaia di giovani.

Dietrofront della Meloni sul decreto rave

E così, come ampiamente anticipato, Giorgia Meloni ed i suoi decidono di tornare sui propri passi, almeno parzialmente. Il governo presenta infatti un emendamento al decreto in cui è costretto a specificare cosa si intenda per rave party, che saranno le uniche manifestazioni ad essere prese di mira dalle autorità. Leggendo il testo del decreto si capisce che a rischiare di essere punito con il carcere sarà solo chi organizza eventi musicali occupando edifici o terreni, sempre che il rave provochi danni a cose o persone.

“Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, è punito con la reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa della inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi”.

“È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”, si legge nell’emendamento del governo al decreto legge Rave-Covid. In pratica, viene riscritto totalmente l’articolo 5 del provvedimento, oggetto di critiche feroci nei giorni scorsi. L’emendamento inoltre modifica il numero dell’articolo del Codice penale: non più 434 bis ma 633 bis.

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